sabato 19 settembre 2009
Per la bellezza autentica
C'è da riflettere...
domenica 13 settembre 2009
Chapeau all'articolo di Alessandra Comazzi
Che tragedia, la donna in televisione.
Esaltate dall'estate, le donne in tv sono: o giovanissime e seduttive con gambe, sederi e tette di fuori. O, nell'ordine: portano la dentiera; vanno troppo al gabinetto e quindi gli serve qualcosa che freni; ci vanno troppo poco e devono ritrovare la naturale regolarità.
Decidono di fare tanta pipì per depurarsi, ma, come cominciano ad avere un po' più di quarant'anni, la pipì se la fanno addossso e urge risolvere il problema dell'odore in ascensore. L'odore perseguita, e piomba sotto le ascelle: se le signore vogliono piacere devono trovare un prodotto che non faccia sudare (quindi contro natura) e non le pianti in asso durante la giornata. Gli uomini possono al massimo patire un gentile mal di testa, ma passa in un moment. Una volta avevano mal di schiena: ora, con l'emancipazione, lo hanno lasciato alle femmine.
Di nuovo: che sta succedendo?
E' vero che il 60 per cento del pubblico tv è femminile, però è vero nello stesso tempo che le donne sono le maggiori responsabili di acquisto. Se la fanno addosso solo loro? Non pensano alle incontinenze maritali? Ah, già, gli uomini sono sempre virili, l'esempio viene dall'alto. Mentre le ragazze, per apparire emancipate, si devono porre come oggetto del desiderio o come consapevoli impiastri. Anche quelle visibilmente intelligenti, non mostrano al video il vero volto, bensì una maschera, tirati tu che mi tiro anch'io. E' come se le donne vere stessero scomparendo dalla tv, sostituite da una loro rappresentazione grottesca, volgare, grondante fisicità.
Una «machera» esuberante, ma pure puzzolente.
sabato 12 settembre 2009
Lorella Zanardo: «Blog e mail: mezz'ora di protesta ogni giorno per riprenderci la voce»
«Lavoriamo, più di prima. In famiglia contiamo e decidiamo, più di prima. La famiglia stessa la “reggiamo” più di prima, più dei nostri uomini. Ed è – paradossalmente - questo nostro fare “privato” totale, senza pausa, che ci condanna al silenzio pubblico». Lorella Zanardo è l’inventrice di un piccolo fenomeno che si chiama Il corpo delle donne, un documentario dedicato all’uso pubblico della rappresentazione e della realtà femminile. Fatto in gran parte di spezzoni di programmi tv che raccontano semplicemente quello che già sappiamo, che già abbiamo visto. Ma di cui forse non ci siamo resi conto. Veline, stringendo un po’. Il documentario è online, tradotto in inglese, spagnolo e portoghese. Poi c’è il blog, www.ilcorpodelledonne.net: 240mila contatti. «Roba che ha interessato già il Nyt, l’Independent, l’Herald Tribune e - la prossima settimana – la Bbc» spiega la Zanardo. Che riprende il tema lanciato da l’Unità proprio sul silenzio delle donne. «Il fatto è che siamo impotenti. È come se il prezzo che stiamo pagando per il nostro essere attive dal punto di vista del reddito e della responsabilità nelle nostre case sia il non avere voce. E da questo punto di vista il fattore tempo è decisivo. Siamo iperimpegnate,siamo quelle che in Europa lavorano di più ma che hanno la minor assistenza in fatto di asili, sostegno per gli anziani. Per non dire dello scarso aiuto dei propri compagni. E poi la politica... ».
Sempre colpa della politica...
«Alle donne questa politica svuotata di significato non interessa, perchè non riguarda le cose. In realtà moltissime di noi sono in attesa di poter fare, stiamo scavando... ».
Nel documentario avete sottolineato soprattutto l’umiliazione mediatica del corpo femminile: la donna-oggetto. Ma non esiste anche un uso consapevole del corpo-oggetto, che sa stare nel gioco non come vittima?
«Distinguerei. Le ragazzine sono umiliate, costrette a esibire la loro succube giovinezza, ma molte donne televisive adulte replicano all’eccesso i ruoli maschili. Una specie di misoginia delle donne contro altre donne. Il punto che è la tv ha imposto un modello femminile a varietà zero. È in grado ormai di produrre cloni che troviamo in strada, comunemente, un numero infinito di Noemi. In questi ultimi 25 anni la tv commerciale è stata l’unico vero educatore perchè né la scuola né tutte le famiglie hanno saputo essere sostegno vero ai giovani. Cosa potevamo aspettarci? La tv ha le sue colpe, ma la domanda è: dove sono gli adulti?».
E l’altra domanda è: che fare? Sul blog ricevete moltissime richieste di un’azione concreta, ma in cosa si potrà esprimere? Ha senso la risposta “torniamo in piazza”?
«Ancora non lo sappiamo. Noto una cosa: siamo in regime di supplenza. Dov’è la politica? Certo che cose da fare ce ne sono. Intanto dico: prendiamoci tutte mezz’ora al giorno per protestare. Mettiamolo come appuntamento nelle nostre agende: inviamo e-mail a Mediaset e Rai per dire che non vogliamo zoomate ginecologiche sulla Belen di turno, scriviamo all’Acqua Rocchetta che il suo spot è offensivo. Dall’altra parte noi de Il corpo delle donne stiamo rinforzando il livello di consapevolezza. Dopo il documentario stiamo preparando un dossier su pubblicità e trasmissioni tv che veicolano messaggi umilianti e degradanti per le donne e sulle donne. Poi stiamo iniziando una collaborazione con gli insegnanti per portare nelle classi una “guida” sui “nuovi occhi per guardare la tv”. Per scrollare la patina di “normalità” con cui si assiste a certi programmi».
Quanto pesa sulla difficoltà di “agire pubblicamente” la battaglia persa nel referendum sulla fecondazione? In fin dei conti più nel “corpo delle donne” che non l’obbligo di impianto di 3 embrioni...
«Certo che quello è stato un momento centrale. Ci ha detto che la politica non parla alle donne nemmeno quando è fatta dalle donne, non sa tradurre in linguaggio chiaro la posta in gioco».
Sul vostro blog molti messaggi sono di uomini. Che provano a loro modo ad uscire dal silenzio. Crede sia un’alleanza necessaria?
«Sì. È con loro che dobbiamo rompere l’equazione “questione femminile”-“ questione di genere”. La nostra voce per una vera dignità, per un vero riconoscimento sociale e politico non è la richiesta di una “parte”. Vogliamo diritti che è la Costituzione a prevedere. In Norvegia il ministro delle Pari opportunità è un uomo. Chiaro no?».
Ho voluto riproporre interamente l'intervista a Lorella Zanardo comparsa sul quotidiano L'Unità perché l'argomento dello sfruttamento e della ridicolarizzazione del corpo delle donne in televisione mi sta sempre più a cuore e sono diventata molto intollerante nei confronti degli innumerevoli modi con cui vengono calpestati la dignità e i diritti delle donne (spesso con il consenso delle donne stesse purtroppo).
Credo che grazie a Lorella Zanardo e a Marco Malfi Chindemi, autori del documentario Il corpo delle donne, si stia movendo qualcosa.
Grazie al loro lavoro sta aumentando la consapevolezza dell'orrore proposto ogni giorno dalla TV italiana e presto verranno gli strumenti per combattere insieme, in un movimento unitario e compatto, lo scempio perpetrato nei confronti del corpo delle donne.