sabato 1 marzo 2014

Il primo marzo compriamo un libro


Grazie a Twitter, il mio mezzo d'informazione preferito (sempre sia lodato), ho scoperto che oggi si terrà un flash mob in tutta Italia.
Non si tratta del solito balletto che prende vita all'improvviso nella sala d'attesa di una stazione o nella piazza di una città, ma di un flash mob letterario organizzato dalla fondazione Caffeina Cultura: "Il primo marzo compriamo un libro".
L'obiettivo? Promuovere la lettura tra gli italiani e incentivarli a investire qualche euro e qualche ora del loro tempo nella cultura.
Ma leggere non significa semplicemente farsi una cultura: sarebbe molto riduttivo e anche poco... attraente!
Leggere libri è interessante, emozionante, utile, divertente, magico. È un gesto creativo: vuol dire ri-creare mondi, viaggiare col pensiero e vivere mille vite. Scoprire. Perdersi e ritrovarsi. Capire. Moltiplicare i secondi e far passare le ore in un lampo. Vuol dire volersi bene. E mille altre cose.   
Queste sono le parole di Annamaria Testa, perfette per spiegare la felicità che provo quando mi trovo tra le mani un libro e la mia testa è immersa tra le pagine.

Purtroppo non tutti possono capire la grande bellezza della lettura: gli italiani, infatti, saranno pure un popolo di santi, poeti e navigatori, ma non di lettori. Lo confermano i dati Istat sulla lettura dei libri in Italia nel 2013:
Nel corso dell'anno ha letto almeno un libro il 49,3% della popolazione femminile e solo il 36,4% di quella maschile. La differenza di comportamento fra i generi comincia a manifestarsi già in età scolare, a partire dagli 11 anni.
Permangono le differenze territoriali: nelle regioni settentrionali legge oltre la metà della popolazione di 6 anni e più (50,1% nel Nord-ovest e 51,3% nel Nord-est), mentre nel Sud e nelle Isole la quota di lettori è pari solo al 30,7%.
Il quadro è sconfortante e le campagne pro-lettura italiane sono poche (e a volte persino inibitorie!), ma Caffeina Cultura ha deciso di smuovere le acque con questa iniziativa, nata per caso sul web e che ha già raccolto moltissimi partecipanti in breve tempo. 

Ci state?
E allora, anche se il tempo è grigio e bigio, munitevi di ombrello e di un fiocco bianco da appuntare sui vestiti, e entrate in una libreria alla ricerca di un libro.
Qui trovate l'elenco delle librerie che hanno già aderito.

Non dimenticate poi di fare passaparola sul web condividendo il vostro acquisto con gli hashtag #1marzocompraunlibro, #facciamovincerelacultura e #flashmobletterario.

Ora mi preparo e vado a scegliere la prossima avventura di carta!

lunedì 30 settembre 2013

Alla fine di un lungo inverno


Fino a poco tempo fa liquidavo l’anoressia come una fissazione per la perfetta forma fisica portata alle estreme conseguenze, probabilmente influenzata dall’imperativo moderno della magrezza delle donne.
Certo, i modelli estetici attuali non sono senza macchia: ogni giorno ci vengono sbattute in faccia le immagini di modelle scheletriche, di showgirl con culi e tette perfette (anche se magari sono il frutto della mano di un chirurgo) e di modelli statuari. La pressione dei media non è indifferente e persino la donna più forte del mondo difficilmente riesce a sottrarsi a paragoni mortificanti.

Il libro di Emma Woolf ha il merito di avermi aperto gli occhi su un problema che, in realtà, è molto più complesso e che non può essere ridotto così superficialmente:
“Allora di cosa si tratta? Davvero, non lo so… È una dipendenza e una compulsione, un disturbo mentale e un espediente, la migliore amica e la peggior nemica, una lotta fra corpo e anima. L’anoressia è una malattia che prende vita propria e si nutre di se stessa fino a far morire di fame chi ne soffre. È una voce interiore che non tace mai, mai.” (pg. 11)
Quindi ridurre l’anoressia a una stupida ossessione per la magrezza è inappropriato; si tratta invece di una malattia mentale dalle mie sfaccettature, difficile da comprendere se non si è mai sofferto di disturbi alimentari.
Infatti, anche dopo questa lettura, ammetto che alcuni aspetti dell’anoressia mi rimangono difficili da cogliere. Non riesco a capire perché una persona debba privarsi del piacere del cibo e pensare che “Ogni boccone era una maledetta agonia. Ogni volta che pensavo a nutrirmi mi sentivo ingorda e avevo la sensazione di non meritarlo. Era un inferno.”. Non riesco a capire come sia possibile ridursi al punto di non trovare conforto nel riposo notturno perché le ossa non hanno alcuna protezione ad attutire il contatto con il materasso. Non riesco a capire come si possa trovare sollievo nella fame e come il vuoto nel corpo possa aiutare a sentirsi vigili e concentrati (se il mio stomaco incomincia a gorgogliare, io non trovo pace finché non metto qualcosa sotto i denti!).

Con questo libro, Emma Woolf cerca di farci entrare nel complesso mondo di un’anoressica, mettendosi a nudo pubblicamente e condividendo la sua lotta contro questo mostro.
Arrivata a 32 anni e malata dai 19, la pronipote della famosa Virginia Woolf decide di darci un taglio:
“Forse è semplice: sono stufa dell’anoressia. È spossante combattere contro se stessi ogni minuto del giorno, ogni giorno. Sono stanca di combattere questa battaglia solitaria contro me stessa. Voglio andare avanti con la mia vita, voglio avere un figlio. Sono stufa della trappola dell’anoressia.” (pg. 8)
Il desiderio di diventare madre è il fattore scatenante per Emma: se continuerà sulla strada dell’anoressia, il suo ventre non potrà mai ospitare un’altra vita e, di conseguenza, anche la sua relazione con il fidanzato Tom rischia di sgretolarsi.
Nonostante l’obiettivo importante, il percorso è tortuoso: l’anoressia è tosta e bastarda, e i suoi lunghi tentacoli riescono a trascinarti sul fondo non appena fai un piccolo passo in avanti.
Alla fine Emma riuscirà a dire addio alla sua “migliore amica” e “peggior nemica”?

Stelline: 4

Dettagli
"Alla fine di un lungo inverno - Come l'amore mi ha liberata dalla prigione dell'anoressia"
di Emma Woolf
Editore: TEA
Data di pubblicazione: 2013
Pg. 249
Prezzo: 14,00€

martedì 9 luglio 2013

Adesso basta


Ho incontrato Simone Perotti per la prima volta in TV: la pubblicità della sua trasmissione, Un’altra vita, suscitò subito il mio interesse perché trattava temi a me cari come la decrescita e il minimalismo. E in effetti le puntate trasmesse su RAI5 mi erano piaciute molto, con i racconti di persone che vivono in modo non convenzionale.

Ho così iniziato a interessarmi al personaggio di Simone Perotti, scoprendo alcuni punti in comune: anche lui, come me, lavorava nel campo della comunicazione (con il piccolo particolare che lui stava ai vertici, mentre io sono l’ultima ruota del carro).
Anche lui, stanco di una vita fatta di molta apparenza e poca sostanza, ha deciso di voltare pagina (la sottoscritta, invece, è ancora inchiodata alla scrivania e, per il momento, si limita a fantasticare una vita diversa).

Adesso basta doveva rappresentare un ulteriore passo verso Perotti... ma che delusione!

Nulla da obiettare sui ragionamenti e le divagazioni della prima parte del libro; anzi, mi sono spesso ritrovata ad annuire come una forsennata leggendo le sue parole.
Credo che la maggior parte delle persone concorderà nel dire che “Con la salute, con la pace, col benessere, è sopraggiunta anche l'alienazione, l'omologazione (e adesso anche l'insicurezza), e sembra che non vi sia alternativa a una vita spesa a lavorare, produrre, indebitarsi, consumare, ripetere gesti privi di senso, per troppo tempo, per una vita intera”.
Molto probabilmente molti di voi avranno una sensazione di déjà vu nel leggere la routine di una tipica giornata di lavoro: ore passate imbottigliati nel traffico, imprecando contro il furbetto di turno che ti taglia la strada o quello addormentato che non parte a razzo non appena scatta il verde del semaforo; poi 10 o 12 ore di lavoro (perché se ti “limiti” alle canoniche 8 ore sei uno scansafatiche); e infine di nuovo nel casino della via del ritorno “per chiudere la giornata tardi, ansimante, privo d’ogni residua energia, un giorno ancora, come ieri, per ricominciare domani, e ancora, ancora, forse per sempre”.
Angosciante, no?!

Quindi procedi con la lettura per capire qual è la ricetta di Perotti; chiudi un occhio (anzi, tutti e due) quando tra le righe emerge un fare spocchioso e irritante perché intanto, prima o poi, verrà svelata la via verso la libertà.

Ma poi leggi i suoi esempi pratici di cambiamento di vita e ti cascano le palle perché vengono prese in considerazione solo persone che guadagnano 3.500€ al mese oppure 5.500€.
Le palle ti si staccano completamente quando leggi che, secondo Perotti, persone con queste entrate sono “abbastanza comuni, con due buoni stipendi ma non certo ricchi”.
E allora la sensazione di déjà vu si trasforma in sensazione di presa per il cul.

Ah, e se invece sei un morto di fame che guadagna 1.000€, prega che la nonna schiatti presto in modo che ti lasci in eredità la sua casa oppure punta ancora più in alto e spera che i tuoi genitori abbiamo dimenticato i tuoi fratelli nel testamento. A quel punto, decresci pure.

Cari redattori di Chiare Lettere, vi pregherei di mettere una noticina in copertina in modo da evitare altre incazzature:
Adesso basta - Filosofia e strategia di chi ce l’ha fatta*
*grazie a uno stipendio da manager. Astenersi poracci.

Stelline: 2

Dettagli
"Adesso basta - Lasciare il lavoro e cambiare vita: filosofia e strategia di chi ce l'ha fatta"
di Simone Perotti
Editore: Chiarelettere
Data di pubblicazione: 2009
Pg. 208
Prezzo: 14,00€

giovedì 21 marzo 2013

Mi fido di te... ma anche no!


Sarà che, da quando ho finito di leggere questa storia, ho una strana sensazione di nausea, sto persino limitando gli acquisti di alimenti fuori casa perché temo che dietro quella panettiera o in quel supermercato si nasconda un Gigi Vianello

Come se non bastasse, appena chiuso il libro, ho cominciato a vedere spuntare una miriade di casi legati alla sofisticazione alimentare: carne equina in ravioli e tortellini Buitoni; batteri fecali nelle torte IKEA; croissant in cattivo stato di conservazione, insudiciati e coperti da escrementi di topo di un'industria dolciaria di Benevento; salsicce ripiene di salmonella vendute in una macelleria di Quinto Vicentino.
Insomma, tanta merda (oppure il signor Vianello la classificherebbe persino come merdaccia?!).

E allora il pollo farcito di cloranfenicolo di produzione cinese (un antibiotico che salvaguarda il pollaio dalle malattie ma che è cancerogeno per l'uomo) e l'aroma di idrocarburo spacciato come tartufo bianco raccontati in "Mi fido di te" non sono solo fantasie; e di Gigi Vianello è pieno lo stivale.
“Il cibo industrializzato punta a sostituire gli alimenti freschi, ricchi di sostanze nutrienti vitali come vitamine, minerali e acidi grassi, con grandi quantità di grassi idrogenati, zuccheri e sali. E sai perché? [...] Per guadagnare montagne di quattrini. Lo sai quanto spendono ogni anno le grandi industrie in additivi chimici per cambiare colore, consistenza, sapore e durata ai loro prodotti? [...] Oltre 20 miliardi di dollari. La qualità del cibo generalmente è scadente, altrimenti non si guadagna”.  
Ma di cosa mi stupisco, poi?
Come se non sapessi già da prima che siamo circondati da persone arroganti, indifferenti, senza scrupoli e senza coscienza.
Individui che riescono sempre a cavarsela, in qualsiasi situazione, grazie alla loro parlantina fluente, alla battuta nel momento giusto e alla loro grande abilità nel fottere il prossimo.

Personaggi che si meritano di essere conciati per le feste, no? Un po' come accade al nostro Gigi Vianello. 
Anche se, ad essere sincera, speravo per lui una fine ben peggiore.

Stelline: 4

Dettagli
"Mi fido di te"
di Francesco Abate e Massimo Carlotto
Editore: Einaudi
Data di pubblicazione: 2007
Pg. 175
Prezzo: 14,00€

domenica 19 agosto 2012

La Stazione Centrale di Milano


"Ma la Centrale rimarrà sempre là, nella sua mutevole immutevolezza a osservare gli arrivi e le partenze e molto altro ancora".

Più che da leggere, questo libro è da guardare.
Anche perché i testi di Massimiliano Finazzer Flory sono intricati, pieni di rocambolesche frasi e infarciti di parole pompose (e inutili) che spingono a chiedersi: "Ma dove vuole arrivare?!"

Molto più interessante la parte sulla storia della meravigliosa Stazione Centrale di Milano.
Nata dal progetto 'In motu vita' dell'architetto Ulisse Stacchini, la costruzione dell'imponente edificio cominciò nel 1925 e terminò nel 1931 con la sua inaugurazione.
Tutto per l'esilarante cifra (per gli standard odierni) di ventimila lire!

C'è da dire che, all'inizio, non venne accolta con favore, al punto da essere definita la tomba del viaggiatore ignoto perché <<invece di richiamarsi alla modernità, al movimento, all'energia e alla dinamicità dei trasporti, la stazione sembrava, ai critici dell'epoca, ancorata a un passato incapace di rapportarsi alle nuove tendenze in campo architettonico.>>

Non biasimiamoli: bisogna sempre lasciare del tempo per abituarsi alle novità che vengono a scuotere la nostra quotidianità e le nostre abitudini.
Ad esempio io avrò bisogno di molto, molto tempo per abituarmi a questo grattacielo dotato di pungiglione dal nome esotico!

Oggi abbiamo una maggiore consapevolezza della bellezza della Stazione di Milano Centrale che non merita di essere solamente il luogo di passaggio di milioni di frettolosi viaggiatori. La prossima volta che ci passerete, ricordatevi di andare oltre al tabellone delle partenze e degli arrivi!
Osservate i due colossali cavalli alati dell'avancorpo della facciata principale che rappresentano il Progresso guidato dalla Volontà e dall'Intelligenza; cercate i medaglioni della galleria delle carrozze e gli affreschi con i panorami delle città italiane; rimirate i mosaici che portano le scritte Commercio, Scienza, Lavoro, Rapidità.
Per quanto mi riguarda, cercherò la prossima volta di guardarla diversamente e ripensando al passato, quando grazie al mio papà ferroviere proprio a Milano Centrale ho potuto vivere una parte della stazione nascosta ai più :)

E se volete farvi un'idea prima di andarci, allora cercate questo libro con le foto di Vincenzo Aragozzini e Giulio Galimberti. Immagini della parte di arrivo dei treni, delle 5 tettoie in ferro che coprono i binari, del contrasto con la monumentalità della costruzione verso piazza Andrea Doria...

Ultima nota: questo libro è stato pubblicato in occasione dell'opera di ammodernamento e di restauro della stazione.
Molti uomini si sono impegnati per riportare a nuovo splendore questa straordinaria opera d'arte urbana: i marmi, gli stucchi, i mosaici sui pavimenti, i dipinti e i lampadari di bronzo disegnati dallo stesso Stacchini sono stati puliti accuratamente; le grandiose volte rinforzate con fibra di carbonio e resine speciali; la Sala Reale accanto al binario 21, i magnifici saloni, le scalinate, le mille decorazioni segrete di questi ambienti sono stati spolverati con minuziosità.
Tuttavia detesto il cambiamento all'entrata della stazione: ora i viaggiatori, per accedere ai binari, sono costretti a passare tra gallerie piene di negozi e bar. Come quando si va in autogrill dove, per prendere un caffè, sei costretto a passare tra gli scaffali pieni di schifezze e di inutilità di vario tipo solo per indurti a comprare!

domenica 8 luglio 2012

Project Ten Books

(manca il libro di Babauta perché è un e-book; e poi, sì, mi trovate anche su Instagram come eleonora_f)

Manca il tempo.
Manca il tempo di leggere quanto e cosa vorrei, di sedermi davanti al portatile e di pensare con calma a una recensione, di fotografare, di seguire i progressi dell'arredamento della casa (ebbene sì, dopo 8 anni insieme c'è una convivenza in arrivo), di studiare fotografia come dovrei, di vedere le mie serie TV preferite, di vedere qualche film, di uscire con gli amici senza sentirmi uno straccio, di realizzare che "Wow, finalmente il weekend!", di godermi l'estate.

Ecco spiegato il silenzio che domina da oltre un mese su questo blog; e che non riesco nemmeno a spezzare con la recensione di un libro, nonostante sia riuscita a portare a termine la lettura alcuni libri in queste ultime settimane (Felicità di Will Ferguson e I newyorkesi di Cathleen Schine)!
No, oggi riesco solo a scrivere del "Project Ten Books" dopo averne letto sul blog La libreria di Nicky.

Ricordate il mio proposito del 2012 di non comprare libri per un anno?
Arrivata a metà 2012 posso dire di essere riuscita (abbastanza) a mantenerlo e di essere ricascata nella trappola del bookshopping compulsivo in rare occasioni, grazie soprattutto alle frequenti visite in libreria, a scambi proficui con altri Anobiiani e a colleghi che, in vista dell'imminente trasloco da San Babila a Maciachini, hanno regalato i loro libri.
Per continuare su questa strada e - anzi! - fare anche meglio ho deciso di partecipare al Project Ten Books lanciato sul gruppo Facebook Youtoubers che parlano di libri.
In cosa consiste? Nel non acquistare libri finché non se ne saranno letti dieci già in nostro possesso.

Ecco la lista dei miei 10:
  1. La lettera d'amore di Cathleen Schine
  2. La ragazza interrotta di Susanna Kaysen
  3. Basta il giusto di Andrea Segré
  4. Se ti abbraccio non avere paura di Fulvio Ervas
  5. Zen Habits Handbook for Life di Leo Babauta
  6. Uomini che odiano le donne di Stieg Larsson
  7. Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll
  8. Italiani con valigia di Beppe Severgnini
  9. Fidanzata in coma di Douglas Coupland
  10. Pane e tempesta di Stefano Benni
Ce la farò a rispettare l'impegno preso?
Per saperlo... stay tuned!

martedì 29 maggio 2012

Oltre le porte del tempo


Mi sono piaciuti molto Molte vite, un solo amore e Messaggi dai maestri, mentre questo Oltre le porte del tempo manco un po'!

Un'ammucchiata di storie, sparate una dopo l'altra, senza nemmeno il tempo necessario per metabolizzare e riflettere.
Non sarebbe stato meglio analizzare qualche storia significativa e sviscerarla per filo e per segno?

E invece no!
L'autore ci infila una storia dietro l'altra facendo passare il messaggio che con due/tre sedute al massimo chiunque possa guarire dalle proprie malattie, superare fobie, risolvere ricordi infantili traumatici e ricucire le proprie ferite.
Basta prendere mezzo chilo di trance ipnotica, aggiungere 200 grammi di terapia della regressione, una grattatina di visualizzazione delle vite passate e guarnire con un pizzico di bambino interiore... et voilà!
Tutti i vostri problemi si risolveranno, riuscirete a vederli sotto una nuova prospettiva (cioè si riveleranno essere una gran cazzata), diventerete i nuovi Gandhi del ventunesimo secolo e darete una svolta alla vostra vita!

Con Weiss dite addio a chili di troppo, attacchi d'ansia, odio per un padre che vi ha violentato da bambina, allergie respiratorie, asma, mal di testa cronico...
Bastano poche sedute; ma non scordatevi la Mastercard!
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