giovedì 29 dicembre 2011
Recensione del libro di Make Up Delight
Ieri ho fatto un giro in biblioteca e, tra le novità, ho adocchiato il libro di Giuliana, meglio noto su YouTube con il nickname di Make Up Delight. Lei è una delle star del make up: professionale, precisa, divertente e ironica (per farvi un'idea date un'occhiata alle sue imitazioni di Karina nella sezione Video tragi-comici); la seguo ormai da diverso tempo, sognando di essere in grado almeno una volta nella mia vita di replicare uno dei suoi spettacolari trucchi.
MA.
Se avete già nella vostra biblioteca personale il libro di Clio make-up pubblicato ad agosto 2009, allora evitate il libro di Giuliana e risparmiate quei 17,50€ per un libro più meritevole.
Stesso editore, stesso formato e struttura molto simile.
Si inizia con una dedica e una breve introduzione.
Vengono poi passati in rassegna i ferri del mestiere: pennelli; accessori vari; le diverse formulazioni di fondotinta, blush, cipria e ombretto; come truccare un viso rotondo, allungato, ovale, squadrato; piccoli consigli sparsi tra le pagine per ottenere un trucco perfetto.
Entrambi i libri si chiudono con la presentazione di trucchi adatti per diverse occasioni (per una serata speciale, per giovanissime, per donne mature, per una sposa, smokey eyes), ma sono molto più utili ed esplicativi i video di queste due guru del make-up.
Insomma i due libri sono quasi interscambiabili, se non fosse per il fatto che la grafica e il testo del libro di Clio sono di qualità decisamente migliore rispetto a quelli di Giuliana. Nel libro di Giuliana, infatti, le foto sono a volte sfuocate e sempre incasellate in quel noioso parallelepipedo con due angoli smussati e gli altri due a 90°.
Cara Giuliana, ti stimo tanto e come make-up artist ti preferisco persino a Clio; ma il tuo libro non mi è proprio piaciuto. Continua con i tuoi fantastici video tutorial perché te la cavi molto meglio.
Dettagli
"Make Up Delight"
di Giuliana Arcarese
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 2011
Pag. 256
Prezzo: 17,50€
sabato 24 dicembre 2011
Tanti auguri eh
© la copertina dell'Internazionale 23/29 dicembre
Come messaggio di augurio vi voglio riproporre il post Quando il disastro sarà compiuto scritto da Metilparaben:
C'è qualcosa di raggelante, nella crisi economica che sta investendo il pianeta come un uragano infinito: ed è qualcosa di più della semplice consapevolezza di potersi permettere meno di prima, di fare sempre più fatica ad arrivare alla fine del mese, perfino di scendere con tutte le scarpe sotto la soglia di povertà. Quello che toglie il fiato per quanto fa paura è accorgersi, a poco a poco, che il sistema di cui ci si è fidati per decenni sembra iniziare davvero a non funzionare più; che il benessere e la prosperità che quel sistema sembrava destinato ad assicurarci per sempre svaniscono giorno dopo giorno, inesorabilmente, e quelli che dovrebbero avere in tasca le soluzioni per raddrizzare la situazione non sanno che pesci prendere; che non esiste un'alternativa pronta a sostituirlo, quel sistema, quando dovesse sibilare l'ultimo rantolo e venire giù come un castello di carte. Credo sia questo a terrorizzarci, più che la povertà: la sensazione di ritrovarci soli in mezzo a un gigantesco corto circuito, il sospetto di dover mettere da parte tutto quello che credevamo di sapere, la prospettiva di non avere più nessuna certezza non tanto su quello che metteremo nel piatto domani sera, ma soprattutto sulla credibilità dell'unico modo di farlo che abbiamo mai conosciuto. Non può succedere, hanno continuato a ripeterci per tutti questi anni, perché questa è la strada giusta e deve portare per forza da qualche parte: e oggi il dubbio che quelle parole non siano altro che un mantra vuoto ci attanaglia come una morsa, ci spalanca gli occhi nel cuore della notte, ci toglie il fiato quando pensiamo a cosa succederà dopodomani. Formiche impazzite, andiamo avanti a ripetere finché possiamo gli unici riti che conosciamo perché non siamo capaci di immaginare altro: ma da qualche parte, dentro di noi, si fa strada il pensiero che quei riti non servano più a niente, e anzi che siano solo un modo come un altro per accelerare la fine. Quando il disastro sarà compiuto, allora forse ricominceremo a respirare, a farci qualche domanda, a riflettere tutti insieme. Senza avere più niente da perdere, perché alla fine avremo perso tutto quanto.Inoltre vi invito a fare un salto in edicola per prendere l'ultimo numero di Internazionale: come sempre è una rivista interessante (PS: un abbonamento annuale a questa rivista sarebbe regalo assai gradito XD), ma questa settimana propone degli articoli sulla maledetta crisi che ci accompagna dal 2008.
In particolare vi consiglio caldamente di leggere fino in fondo La fine del capitalismo, traduzione di un articolo comparso sul quotidiano tedesco Die Zeit. In questo pezzo — come in quello di Metilparaben e in tanti altri che spuntano come funghi su Web e giornali — si delinea la fine del sistema economico capitalista, incapace di garantire benessere e giustizia sociale per tutte le persone.
Per continuare a far crescere l'economia, infatti, bisogna comprare senza sosta.A questo punto sorge un altro problema: come convincere le persone a comprare senza consumare, accumulando libri dimenticati sulle mensole, vestiti nell'armadio, giocattoli nelle camere da letto dei bambini, con il solo scopo di impacchettarli e abbandonarli al più presto per comprarne dei nuovi.È ormai arrivato il momento di cercare un'alternativa.
E di pensare a un Natale diverso.
venerdì 16 dicembre 2011
Riflessioni sparse sul consumismo natalizio
PREMESSA: in questo post verranno posti tanti dubbi esistenziali.
Non conosco risposte sicure e vincenti al 100%; mi limito a suggerire l'idea che forse il sistema economico mondiale attuale è perverso e che forse esiste una via d'uscita alternativa e percorribile da chiunque.
Quanti di voi sono stufi del consumismo?
E quanti di voi non sopportano più la frenetica corsa agli acquisti che raggiunge picchi insensati con le feste di Natale?
È possibile sfuggire alla macchina infernale del spendere e spandere?
Senza ombra di dubbio, è difficile sfuggirle.
Io per prima non posso definirmi una campionessa di ascetismo in fatto di regali natalizi, ma so di essere migliorata nel tempo: fino a qualche anno fa centellinavo i miei scarsi risparmi da studentessa disoccupata per comprare regalini a tutti i miei amici e parenti, e ne ricevevo altrettanti; da un paio di anni circa ho smesso di farne (e di riceverne). Non a tutti, sia chiaro.
Io e Marco continuiamo a scambiarceli: sono regali solitamente importanti, non cazzatine da pochi euro giusto per non presentarsi a mani vuote. Ci conosciamo abbastanza bene da sapere cosa desidera o di cosa ha bisogno l'altro.
Mentre per la sua famiglia, le mie due zie e la mia nonna mi affido solitamente alle classiche ceste di prodotti equo-solidali e biologici.
Insomma la quantità di regali si è notevolmente ridotta negli anni. Ma non fraintendetemi: questo non è dovuto a un eccesso di tirchiaggine!
Il primo motivo: sono stanca di regalare e ricevere oggettini inutili che — come da copione — finiscono dimenticati in qualche cassetto.
Un esempio classico sono le candele: ho scoperto di possedere un arsenale di candele profumate, ricevute nei Natali scorsi e mai usate.
Da qualche settimana ho deciso di riportarle alla vita, prendendo spunto da un'idea di Colin Beavan; così, ogni sera, candele alla mela verde e alla vaniglia illuminano le mie letture prima del sonno ristoratore.
Il secondo motivo è la nausea che mi assale al solo pensiero di affrontare la folla dei centri commerciali: code per trovare un parcheggio, folla tra i corridoi e i negozi, spintoni e cattivi odori, camminate a ritmo bradipico, file alla casa, attese nei bagni, lotte serrate per occupare un tavolo al bar, caldo asfissiante, fastidiose luci al neon...
Capite bene come la voglia di affrontare tutto questo — a Natale come in qualsiasi altro periodo dell'anno — non mi calcoli di striscio.
Il terzo è lo spirito natalizio che sta abbandonando la mia barca (o forse l'ha già abbandonata completamente).
Sì, certo mi mette allegria vedere le vie illuminate e le case decorate a festa. Ma il fuori sbrilluccicoso riflette anche uno spirito veramente gioioso e positivo?
L'ideale sarebbe fare regali utili, significativi.
Come scrive Colleen sul suo blog 365 Less Things (mia libera traduzione):
Eh già, è difficile fare questo cambiamento di mentalità e di abitudini. Forse la crisi che ormai si protrae da anni ci obbligherà a farlo non solo a Natale, ma anche per il resto dell'anno.
Il punto è: riusciremo davvero a svincolarci da questo consumismo vorace, a invertire la rotta, a rifiutare l'assurdo imperativo del "comprare per far ripartire l'economia mondiale"?
Rimarremmo in pochi a tentare il cambiamento oppure questa filosofia di pensiero riuscirà a raggiungere la massa critic?
Chissà se riusciremo a fare quanto spera Katie Tallo su Rowdy Kittens (tradotta dalla bravissima Laura su Minimo).
Come vivrete il Natale dal punto di vista dei regali?
Siete convinti che sia necessario un cambiamento di mentalità e di abitudini per liberarsi di quel collare a strangolo con cui l'economia ci tiene sotto controllo?
Non conosco risposte sicure e vincenti al 100%; mi limito a suggerire l'idea che forse il sistema economico mondiale attuale è perverso e che forse esiste una via d'uscita alternativa e percorribile da chiunque.
Quanti di voi sono stufi del consumismo?
E quanti di voi non sopportano più la frenetica corsa agli acquisti che raggiunge picchi insensati con le feste di Natale?
È possibile sfuggire alla macchina infernale del spendere e spandere?
Senza ombra di dubbio, è difficile sfuggirle.
Io per prima non posso definirmi una campionessa di ascetismo in fatto di regali natalizi, ma so di essere migliorata nel tempo: fino a qualche anno fa centellinavo i miei scarsi risparmi da studentessa disoccupata per comprare regalini a tutti i miei amici e parenti, e ne ricevevo altrettanti; da un paio di anni circa ho smesso di farne (e di riceverne). Non a tutti, sia chiaro.
Io e Marco continuiamo a scambiarceli: sono regali solitamente importanti, non cazzatine da pochi euro giusto per non presentarsi a mani vuote. Ci conosciamo abbastanza bene da sapere cosa desidera o di cosa ha bisogno l'altro.
Mentre per la sua famiglia, le mie due zie e la mia nonna mi affido solitamente alle classiche ceste di prodotti equo-solidali e biologici.
Insomma la quantità di regali si è notevolmente ridotta negli anni. Ma non fraintendetemi: questo non è dovuto a un eccesso di tirchiaggine!
Il primo motivo: sono stanca di regalare e ricevere oggettini inutili che — come da copione — finiscono dimenticati in qualche cassetto.
Un esempio classico sono le candele: ho scoperto di possedere un arsenale di candele profumate, ricevute nei Natali scorsi e mai usate.
Da qualche settimana ho deciso di riportarle alla vita, prendendo spunto da un'idea di Colin Beavan; così, ogni sera, candele alla mela verde e alla vaniglia illuminano le mie letture prima del sonno ristoratore.
Il secondo motivo è la nausea che mi assale al solo pensiero di affrontare la folla dei centri commerciali: code per trovare un parcheggio, folla tra i corridoi e i negozi, spintoni e cattivi odori, camminate a ritmo bradipico, file alla casa, attese nei bagni, lotte serrate per occupare un tavolo al bar, caldo asfissiante, fastidiose luci al neon...
Capite bene come la voglia di affrontare tutto questo — a Natale come in qualsiasi altro periodo dell'anno — non mi calcoli di striscio.
Il terzo è lo spirito natalizio che sta abbandonando la mia barca (o forse l'ha già abbandonata completamente).
Sì, certo mi mette allegria vedere le vie illuminate e le case decorate a festa. Ma il fuori sbrilluccicoso riflette anche uno spirito veramente gioioso e positivo?
L'ideale sarebbe fare regali utili, significativi.
Come scrive Colleen sul suo blog 365 Less Things (mia libera traduzione):
Ci sono così tanti modi per dimostrare quanto ami una persona che non prevedano l'acquisto di doni materiali. Fare qualcosa per qualcuno, trascorrere tempo con una persona, organizzare un'uscita, farsi una manicure o un massaggio facciale insieme alle proprie amiche, giocare a golf o andare a pesca insieme a un amico; questi sono tutti regali che vengono dal cuore e non dai negozi. [...]
È complicato perché il lavaggio del cervello che ci è stato fatto ci induce a credere che regalare qualcosa di materiale sia il modo migliorare per dimostrare quanto si ama una persona. E più soldi si spendono, più questo amore appare forte (che idea disgustosa).
Eh già, è difficile fare questo cambiamento di mentalità e di abitudini. Forse la crisi che ormai si protrae da anni ci obbligherà a farlo non solo a Natale, ma anche per il resto dell'anno.
Il punto è: riusciremo davvero a svincolarci da questo consumismo vorace, a invertire la rotta, a rifiutare l'assurdo imperativo del "comprare per far ripartire l'economia mondiale"?
Rimarremmo in pochi a tentare il cambiamento oppure questa filosofia di pensiero riuscirà a raggiungere la massa critic?
Chissà se riusciremo a fare quanto spera Katie Tallo su Rowdy Kittens (tradotta dalla bravissima Laura su Minimo).
Ma come fare per cominciare a guardare oltre la montagna di roba, verso la terra beata del “basta così”?
Facendo un passo indietro e dando una bella occhiata a noi stessi, agli oggetti che possediamo e a quello che fa scattare in noi certi meccanismi.
Difendendoci dall’assalto delle pubblicità, evitando i centri commerciali e abbassando il volume del rumore intorno a noi: per riuscire a sentire la nostra voce interiore che ci sta urlando di smetterla di comprare roba inutile!
La montagna inizierà a sgretolarsi.
Prendendoci per il colletto della nostra bella camicia firmata e indirizzandoci verso una vita in cui siamo noi a decidere. Una vita che abbia senso per noi, e non necessariamente per i protagonisti di una serie TV. Prendendo atto di tutto quello che già abbiamo. Attribuendo la giusta importanza ed essendo grati per quanto possediamo, ma smettendo di esserne schiavi. Modificando le tradizioni di famiglia, cambiando marcia, inventandoci regali fatti da noi anziché acquistati in un negozio, riciclandoli o evitando di acquistarli del tutto: creando tradizioni nuove, in cui ci scambiamo storie anziché regali, abbracci anziché pacchetti, tempo da trascorrere insieme anziché eccessi.
La montagna diventerà sempre più piccola.E voi cosa ne pensate?
Come vivrete il Natale dal punto di vista dei regali?
Siete convinti che sia necessario un cambiamento di mentalità e di abitudini per liberarsi di quel collare a strangolo con cui l'economia ci tiene sotto controllo?
lunedì 12 dicembre 2011
La metà di niente
Un libro "mangiato" in una giornata e mezza. Questo vi dà un'idea chiara di quanto mi sia piaciuto La metà di niente, romanzo d'esordio dell'irlandese Catherine Dunne.
Vita, morte e rinascita di una quarantenne (Rose) che, in quella che doveva essere una delle sue solite mattine da casalinga, viene piantata in asso dal marito (quello stronzo di Ben) con queste parole: "Rose. Dobbiamo parlare. Devo andar via per un po'. Penso che abbiamo bisogno di stare ognuno per conto proprio, solo per un periodo. Mi dispiace farlo così, ma è che non sono felice. [...] Non ti amo più."
Crisi esistenziale di mezza età? Noooo!!! Solo la solita storiella di adulterio: Ben, infatti, parte per l'assolata Malaga in compagnia della moglie di un socio d'affari - la bella e sensuale Caroline - e lì le confessa di voler portare alla luce del sole la loro relazione clandestina, lasciandosi alle spalle vent'anni di matrimonio e tre figli.
Ma la sua avventatezza gli costerà caro e gli si rivolterà contro.
E Rose? Dopo i primi giorni in cui le sembrava di essere al cinema e di star assistendo alla proiezione della storia di un'altra persona, la protagonista si risveglia da un torpore durato troppi anni.
Da docile e servile moglie pronta a soddisfare le richieste di un marito ossessionato dagli affari e ad annullarsi per lui e i figli, Rose scopre una forza sconosciuta dentro di sé e trova il coraggio di prendere la sua vita nelle proprie mani.
Inizia così il suo percorso di rinascita, reso possibile anche grazie all'aiuto dei tre figli, delle amiche Jane e Martha, di datori di lavoro fiduciosi nelle sue capacità di cuoca (e anche di qualche bicchiere di buon vino d'annata).
Ed eccola diventare una donna forte, intraprendente e indipendente.
Rose ormai non è più disposta a subire i chiari di luna del marito; non è più disposta a dipendere da qualcun'altro; non è più disposta a non vivere!
Addio Rose Holden.
Benvenuta Rose Kelly!
Dettagli
"La metà di niente"
di Catherine Dunne
Editore: Guanda
Data di pubblicazione: 1997
Pag. 292
Prezzo: 16,50€
domenica 11 dicembre 2011
Il sangue dei fiori
Il sangue dei fiori è il romanzo di debutto di Anita Amirrezvani, ispirata a scrivere questa storia da un tappeto persiano regalatole dal padre durante l'adolescenza.
Nel romanzo è raccontata la storia di una tredicenne di un villaggio sperduto nella Persia del 17° secolo e con una grande passione: annodare tappeti.
Purtroppo la sua vita viene sconvolta dal passaggio di una cometa maledetta e maligna che le porterà solo un'ondata di sciagure. La prima è la morte del padre che costringe lei e la madre a trovare riparo presso la ricca famiglia dello zio Gostaham nella lontana città di Isfahān. Qui, tra la magnifica casa dello zio, i minareti della moschee, il Ponte dei 33 archi e l'immensa Piazza del Mondo, la ragazzina diventerà una donna, toccando con una mano le gioie del paradiso e vivendo con l'altra le pene dell'inferno.
Non vi rovinerò la sorpresa: lascio a voi scoprire quali umiliazioni dovrà sopportare (vi basti sapere che sono davvero tante e che avrebbero spezzato anche il più massiccio degli alberi).
Ma alla fine la sua tenacia e la sua passione per i tappeti riusciranno a riscattarla da tutti i dolori sofferti, rendendola una ragazza emancipata e forte, dal valore inestimabile. Il che è straordinario, specialmente in relazione all'ambiente storico e culturale in cui è ambientata la storia.
"Io ero diversa da tutte loro: avevo i miei tappeti e la mia famiglia adottiva a cui pensare. [...] Ero una donna: il mio lavoro costituiva una novità e i miei tappeti andavano a ruba tra le donne dell'harem. Non avrei mai rinunciato al mio mestiere, anche se avessi sposato un uomo ricco come lo scià."Altre due note che rendono così speciale questo romanzo:
- lo stile con cui è scritto: solo in poche altre occasioni mi è capitato di leggere parole così incantevoli
- le piccole storie sparse qua e là nel romanzo e che rappresentano delle piccole perle all'interno di quel prezioso gioiello che è Il sangue dei fiori
"Il sangue dei fiori"
di Anita Amirrezvani
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: 2007
Pag. 364
Prezzo: 18€
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