Per me Steve Jobs era un genio.
Certo, un genio che si faceva pagare caro e salato.
Ma tale rimane.
Un genio che ha lasciato il segno nella storia della tecnologia grazie alla sua Apple.
Che fosse malato si sapeva ormai da tempo. E lo si vedeva anche, quando alle presentazioni dei nuovi prodotti della mela morsicata, con l'immancabile outfit maglione nero e jeans sdruciti, appariva sempre più pelle e ossa, divorato all'interno da un male devastante.
Ma, stupidamente, pensavo che la morte per lui fosse ancora lontana, che un uomo come lui non sarebbe mai stato sconfitto dal cancro. Non so perché non ho mai preso in considerazione questa possibilità. In fondo era un essere umano anche lui, come tutti noi.
E invece ieri, mercoledì 5 ottobre 2011, Steve Jobs è morto.
Sulla Rete non si parla d'altro, com'è naturale che sia.
Tra le parole e le azioni che lo hanno reso un mito dell'hi-tech, molto citato è il suo discorso tenuto davanti ai neo-laureati della Standford University.
Anch'io voglio ricordarlo così, più che per i suoi Mac, gli iPod e gli iPhone. Perché le sue parole sono una fonte d'ispirazione per qualsiasi persona. Per me lo sono state, in diversi momenti della mia vita. Ho riascoltato questo discorso molte volte, ricavandone un incoraggiamento a proseguire sulla mia strada.
Oggi lo riguarderò in suo onore, ma anche perché ne ho un grande bisogno in questo periodo di smarrimento e di sfiducia nel futuro. So che ne ricaverò nuova forza.
"Vi ripeto, non potete sperare di unire i puntini guardando avanti, potete farlo solo guardandovi alle spalle: dovete quindi avere fiducia che, nel futuro, i puntini che ora vi paiono senza senso possano in qualche modo unirsi nel futuro. Dovete credere in qualcosa: il vostro ombelico, il vostro karma, la vostra vita, il vostro destino, chiamatelo come volete… questo approccio non mi ha mai lasciato a terra, e ha fatto la differenza nella mia vita."
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