sabato 20 febbraio 2010

Io, piccola ospite del Führer

nella foto sulla copertina, Hitler e la piccola Helga Goebbels, uccisa con i suoi fratelli Hilde, Helmut, Holde, Hedda e Heine (tutti i nomi iniziavano con la H in onore al führer) dalla madra Magda con del cianuro, perché - come sostenuto dalla signora Goebbels in persona - erano stati concepiti in funzione del Terzo Reich e che quindi non avevano ragione di esistere senza di esso.

Con l'inizio del secondo semestre accademico, ho iniziato a seguire un corso molto interessante e coinvolgente: Sociologia della comunicazione. Il professore riesce a organizzare delle lezioni piacevoli, offrendoci degli elementi di riflessione stimolanti, richiedendo costantemente la nostra partercipazione e di svolgere del lavoro a casa ogni settimana (ricalcando l'impostazione delle lezioni accademiche nelle università statunitensi). Il tema del corso è quello delle implicazioni etico-morali dell'azione organizzativa, del legame tra mezzi e fini e delle conseguenze dell'agire burocratico, analizzato esaminando il caso empirico del nazismo tedesco.

Tra i compiti ricevuti per la prossima settimana, c'è quello di approfondire la figura di Adolf Hitler, partendo dalla sua infanzia fino ad arrivare al suo suicidio nel bunker sotto la Cancelleria del Reich.
Sono quindi andata in biblioteca alla ricerca di materiale utile per svolgere il compito assegnatoci dove ho scoperto la scrittrice polacca Helga Schneider, autrice di numerosi libri sulla sua esperienza nella Germazia nazista.
Ho letto Io, piccola ospite del Führer, ambientato nella Berlino massacrata dai bombardamenti e tormentata dalla fame del 1945, dove non c'è più corrente elettrica e acqua, e l'aria dall'odore nauseabondo è irrespirabile a causa dei continui incendi che imperversano nei quartieri.
"E si deve inoltre fare a meno di una cosa che sembra non degna di menzione, ma che è altrettanto indispensabile: la carta igienica. [...] Una sera un vecchio si è messo a piangere vedendo un libro di Rilke usato a tale scopo. si è rincantucciato in un angolo e tra i singhiozzi ha detto che, per colpa di Hitler, il popolo tedesco ha toccato il fondo dell'inciviltà e della miseria umana."
(pag. 6)
Qui abita Helga con il suo fratellino Peter, il nonno e l'insopportabile matrigna Ursula.
I due bambini vengono scelti insieme ad altri piccoli privilegiati per una "gita" nel bunker del Führer. Non si tratta di un gesto caritatevole nei confronti della parte più debole del popolo tedesco, ma solo l'ennesima disperata strategia propagandistica del ministro Joseph Goebbels.
Scortati dall'imponente e imperiosa Marianne, il gruppo di visitatori percorre a bordo di un malandato autobus le strade dissestate dell'ormai irriconoscibile capitale tedesca, dove, ad ogni angolo, sono accumulati mucchi di cadaveri e di macerie.
Arrivati a destinazione, Helga scopre un ambiente disgustoso e sinistro dove vige ancora un'atmosfera di autoritarismo scriteriato:
"... un angusto dedalo di morte nel quale, malgrado la fine e la sconfitta fossero palesi e vicini, vigeva ancora una disciplina ottusa e pedante. [...] era stato previsto un sistema d'illuminazione essenziale, disadorno, che diffondeva nell'ambiente una luce fosca e spettrale."
(pag. 31)
L'unico aspetto positivo di questa visita è il cibo che viene dato in mensa ai piccoli ospiti: pane, salsicce, marmellata, latte zuccherato, frutta... Cibo vero, salutare e nutriente che riesce a placare l'avida fame di questi bambini che non hanno memoria di un pasto vero, degno di questo nome.
Per il resto, il soggiorno nell'ultima dimora del Führer si rivela un'esperienza inquientante per Helga, che mai più potrà cancellare dalla sua memoria le ore trascorse in quell'ambiente opprimente e cupo.
E nemmeno potrà dimenticare come il vero Hitler fosse una persona totalmente diversa da quella autoritaria, forte e caparbia presentata nelle fotografie appese alle pareti delle case tedesche o che la radio ostinatamente cercò di comunicare alla nazione tedesca fino agli sgoccioli della dittatura.
Come scrive la Schneider nella prefazione:
"era un uomo malato, che soffriva d'insonnia cronica, frequenti attacchi di cefalea, disturbi gastrointestinali e, negli ultimi tempi, anche di capogiri, spasmi alle gambe e alterazioni d'equilibrio che spesso lo costringevano persino a reggersi ai muri. Manifestava inoltre un forte tremore alla mano sinistra e al capo."
Un dittatore svigorito e fiacco che rispecchiava perfettamente una società come quella tedesca malata e disgregrata, formata da individui dal cervello vuoto e amorfo a cui era sempre stato richiesto di non pensare né chiedere, ma solo sapere. Persone indottrinate a tal punto da sacrificare se stesse e la propria famiglia per l'amore per il Führer e lo Stato.
Come la stessa madre di Helga, che abbandonò i due figli per abbracciare completamente la causa nazista:
"più nazionalsocialista che moglie; più nazionalsocialista che madre; più nazionalsocialista che angelo del focolare."
(pag. 91)

Stelline: 5

Dettagli:
"Io, piccola ospite del Führer"
di Helga Schneider
Editore: Einaudi
Anno: 2006
Pag. 131
Prezzo: 10,80€

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