domenica 19 agosto 2012

La Stazione Centrale di Milano


"Ma la Centrale rimarrà sempre là, nella sua mutevole immutevolezza a osservare gli arrivi e le partenze e molto altro ancora".

Più che da leggere, questo libro è da guardare.
Anche perché i testi di Massimiliano Finazzer Flory sono intricati, pieni di rocambolesche frasi e infarciti di parole pompose (e inutili) che spingono a chiedersi: "Ma dove vuole arrivare?!"

Molto più interessante la parte sulla storia della meravigliosa Stazione Centrale di Milano.
Nata dal progetto 'In motu vita' dell'architetto Ulisse Stacchini, la costruzione dell'imponente edificio cominciò nel 1925 e terminò nel 1931 con la sua inaugurazione.
Tutto per l'esilarante cifra (per gli standard odierni) di ventimila lire!

C'è da dire che, all'inizio, non venne accolta con favore, al punto da essere definita la tomba del viaggiatore ignoto perché <<invece di richiamarsi alla modernità, al movimento, all'energia e alla dinamicità dei trasporti, la stazione sembrava, ai critici dell'epoca, ancorata a un passato incapace di rapportarsi alle nuove tendenze in campo architettonico.>>

Non biasimiamoli: bisogna sempre lasciare del tempo per abituarsi alle novità che vengono a scuotere la nostra quotidianità e le nostre abitudini.
Ad esempio io avrò bisogno di molto, molto tempo per abituarmi a questo grattacielo dotato di pungiglione dal nome esotico!

Oggi abbiamo una maggiore consapevolezza della bellezza della Stazione di Milano Centrale che non merita di essere solamente il luogo di passaggio di milioni di frettolosi viaggiatori. La prossima volta che ci passerete, ricordatevi di andare oltre al tabellone delle partenze e degli arrivi!
Osservate i due colossali cavalli alati dell'avancorpo della facciata principale che rappresentano il Progresso guidato dalla Volontà e dall'Intelligenza; cercate i medaglioni della galleria delle carrozze e gli affreschi con i panorami delle città italiane; rimirate i mosaici che portano le scritte Commercio, Scienza, Lavoro, Rapidità.
Per quanto mi riguarda, cercherò la prossima volta di guardarla diversamente e ripensando al passato, quando grazie al mio papà ferroviere proprio a Milano Centrale ho potuto vivere una parte della stazione nascosta ai più :)

E se volete farvi un'idea prima di andarci, allora cercate questo libro con le foto di Vincenzo Aragozzini e Giulio Galimberti. Immagini della parte di arrivo dei treni, delle 5 tettoie in ferro che coprono i binari, del contrasto con la monumentalità della costruzione verso piazza Andrea Doria...

Ultima nota: questo libro è stato pubblicato in occasione dell'opera di ammodernamento e di restauro della stazione.
Molti uomini si sono impegnati per riportare a nuovo splendore questa straordinaria opera d'arte urbana: i marmi, gli stucchi, i mosaici sui pavimenti, i dipinti e i lampadari di bronzo disegnati dallo stesso Stacchini sono stati puliti accuratamente; le grandiose volte rinforzate con fibra di carbonio e resine speciali; la Sala Reale accanto al binario 21, i magnifici saloni, le scalinate, le mille decorazioni segrete di questi ambienti sono stati spolverati con minuziosità.
Tuttavia detesto il cambiamento all'entrata della stazione: ora i viaggiatori, per accedere ai binari, sono costretti a passare tra gallerie piene di negozi e bar. Come quando si va in autogrill dove, per prendere un caffè, sei costretto a passare tra gli scaffali pieni di schifezze e di inutilità di vario tipo solo per indurti a comprare!

domenica 8 luglio 2012

Project Ten Books

(manca il libro di Babauta perché è un e-book; e poi, sì, mi trovate anche su Instagram come eleonora_f)

Manca il tempo.
Manca il tempo di leggere quanto e cosa vorrei, di sedermi davanti al portatile e di pensare con calma a una recensione, di fotografare, di seguire i progressi dell'arredamento della casa (ebbene sì, dopo 8 anni insieme c'è una convivenza in arrivo), di studiare fotografia come dovrei, di vedere le mie serie TV preferite, di vedere qualche film, di uscire con gli amici senza sentirmi uno straccio, di realizzare che "Wow, finalmente il weekend!", di godermi l'estate.

Ecco spiegato il silenzio che domina da oltre un mese su questo blog; e che non riesco nemmeno a spezzare con la recensione di un libro, nonostante sia riuscita a portare a termine la lettura alcuni libri in queste ultime settimane (Felicità di Will Ferguson e I newyorkesi di Cathleen Schine)!
No, oggi riesco solo a scrivere del "Project Ten Books" dopo averne letto sul blog La libreria di Nicky.

Ricordate il mio proposito del 2012 di non comprare libri per un anno?
Arrivata a metà 2012 posso dire di essere riuscita (abbastanza) a mantenerlo e di essere ricascata nella trappola del bookshopping compulsivo in rare occasioni, grazie soprattutto alle frequenti visite in libreria, a scambi proficui con altri Anobiiani e a colleghi che, in vista dell'imminente trasloco da San Babila a Maciachini, hanno regalato i loro libri.
Per continuare su questa strada e - anzi! - fare anche meglio ho deciso di partecipare al Project Ten Books lanciato sul gruppo Facebook Youtoubers che parlano di libri.
In cosa consiste? Nel non acquistare libri finché non se ne saranno letti dieci già in nostro possesso.

Ecco la lista dei miei 10:
  1. La lettera d'amore di Cathleen Schine
  2. La ragazza interrotta di Susanna Kaysen
  3. Basta il giusto di Andrea Segré
  4. Se ti abbraccio non avere paura di Fulvio Ervas
  5. Zen Habits Handbook for Life di Leo Babauta
  6. Uomini che odiano le donne di Stieg Larsson
  7. Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll
  8. Italiani con valigia di Beppe Severgnini
  9. Fidanzata in coma di Douglas Coupland
  10. Pane e tempesta di Stefano Benni
Ce la farò a rispettare l'impegno preso?
Per saperlo... stay tuned!

martedì 29 maggio 2012

Oltre le porte del tempo


Mi sono piaciuti molto Molte vite, un solo amore e Messaggi dai maestri, mentre questo Oltre le porte del tempo manco un po'!

Un'ammucchiata di storie, sparate una dopo l'altra, senza nemmeno il tempo necessario per metabolizzare e riflettere.
Non sarebbe stato meglio analizzare qualche storia significativa e sviscerarla per filo e per segno?

E invece no!
L'autore ci infila una storia dietro l'altra facendo passare il messaggio che con due/tre sedute al massimo chiunque possa guarire dalle proprie malattie, superare fobie, risolvere ricordi infantili traumatici e ricucire le proprie ferite.
Basta prendere mezzo chilo di trance ipnotica, aggiungere 200 grammi di terapia della regressione, una grattatina di visualizzazione delle vite passate e guarnire con un pizzico di bambino interiore... et voilà!
Tutti i vostri problemi si risolveranno, riuscirete a vederli sotto una nuova prospettiva (cioè si riveleranno essere una gran cazzata), diventerete i nuovi Gandhi del ventunesimo secolo e darete una svolta alla vostra vita!

Con Weiss dite addio a chili di troppo, attacchi d'ansia, odio per un padre che vi ha violentato da bambina, allergie respiratorie, asma, mal di testa cronico...
Bastano poche sedute; ma non scordatevi la Mastercard!

lunedì 28 maggio 2012

I love mini shopping... ma anche no


Ne sono consapevole: manco da tantissimo tempo dal blog e a momenti il mese di maggio se ne andava senza nemmeno un segno di vita.
Ma la vita è così piena in queste settimane che non mi lascia il tempo di fare molto altro rispetto alla solita routine di colazione, viaggio a Milano, lavoro, ritorno a casa e nanna.
Oggi ho recuperato un po' di forze e riesco a scrivervi due parole su un libro terminato oggi pomeriggio, distesa al caldo sole di fine maggio nel tentativo di sviluppare un colorito diverso dal bianco vampiresco.

Sapete quando venite presi da quella frenesia incontenibile di finire un libro... quando smaniate per finire l'esperienza legata a un romanzo... quando non vedete l'ora di arrivare all'ultima pagina e di poter finalmente dire a gran voce: "Finalmente ce l'ho fatta a finire 'sto libro di merda!".

Ecco, io ho provato tutto ciò con I love mini shopping.

Becky è ormai bollata come il personaggio più insopportabile della storia della letteratura mondiale di ogni tempo.
All'inizio ti viene da pensare (o almeno sperare) che con la maternità sia cresciuta; non dico guarita completamente dalla sindrome delle mani bucate, ma che almeno abbia imparato a gestire meglio i viaggi di sola andata delle sue carte di credito.
E invece no! È addirittura più scema di prima! Becky non si evolve mai e non riesce più nemmeno a strapparti un sorriso visto che ricade sempre nei soliti schemi visti nel primo I love shopping e rivisti poi nei libri successivi della saga (I love shopping a NY; I love shopping in bianco; I love shopping con mia sorella).
Anche gli altri personaggi sono sempre uguali da 5 libri a questa parte: Luke pensa sempre al lavoro e non si stacca mai dal suo fastidioso Blackberry e riesce a pensare a qualcosa di diverso dalla Brandon Communications solo per qualche nanosecondo; la madre di Becky è rimasta una scema e il padre un tontolone senza speranza; Janice è ancora la vicina ficcanaso.

Credo che la Kinsella abbia esaurito le cartucce per questa saga e farebbe meglio a porre il sigillo The End a questa serie.
Purtroppo le ultime pagine fanno intendere che la scelleratezza di Becky Bloomwood continuerà a infastidirci, spostandosi sui lidi della West Coast americana.

Voi potreste giustamente dirmi: "Ma chi te l'ha fatto fare di leggerlo tutto se ti faceva così schifo? Bastava appellarsi al terzo diritto di Pennac, il diritto di non finire il libro!".
Voi avete anche ragione, ma ormai è diventata una questione di principio (e di capa tosta).

Stelline: 1

Dettagli
"I love mini shopping"
di Sophie Kinsella
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: 2010
Pg. 377
Prezzo: 19,50€

mercoledì 25 aprile 2012

La dieta Skinny Bitch


Skinny: scarno, molto magro.
Bitch: stronza, bastarda.
Quindi la dieta della stronza magra.
Un titolo che divide: c'è chi lo trova troppo impertinente e antipatico, e chi invece è attratto proprio da questa palese irriverenza.
Io l'ho comprato perché sapevo che non si tratta di un libro pro-anoressia; sotto questo titolo ad effetto, infatti, c'è molto di più di una dieta per perdere i maledetti chili di troppo!
Come dicono le stesse autrici: «Abbiamo pensato a un nome così forte per attirare l'attenzione. Volevamo diffondere il più possibile il nostro messaggio  e abbiamo pensato che così facendo ci saremmo riuscite. Ma noi non siamo delle tipe magrissime che se la tirano, né desideriamo diffondere quest'immagine di donna. Non c'è niente di più brutto di una donna bella e stronza.»

Quindi Rory Freedman e Kim Barnouin non vi spingono a diventare zombie scheletriche che vanno avanti a sedano e grissini, ma vi invitano a riflettere sull'alimentazione vegan e sui suoi pregi non solo per la linea e la salute, ma anche per l'ambiente, la società, il benessere degli animali. 
Data questa premessa, forse sarà più facile prendere alla leggera lo stile "colorito" delle due autrici che non hanno proprio peli sulla lingua! Anzi vi farete qualche risata e forse verrete risvegliate dal torpore del consumatore inconsapevole.
Ecco qualche esempio, giusto per farvi capire il tono:
«Non potete continuare a mangiare la stessa merda e diventare magre.» 
«Lo zucchero è come il crack, e le industrie alimentari sanno che se ne aggiungono ai loro prodotti, tornerete per averne altri.»
«Se credete che la dieta Atkins vi farà dimagrire, dovete essere completamente fuori di testa. Oppure siete delle scrofe ingorde che vogliono credere di poter mangiare cheeseburger tutto il giorno e dimagrire.»
«Se ricevessimo un centesimo per ogni volta che un deficiente ci ha chiesto: "Ma allora da dove prendi le proteine?", saremmo più ricche di Bill Gates.»
Capito l'andazzo?
Pare di sentire Jill Cooper urlare: "Brutti ciccioni, palle di lardo che non siete altro!".
Ma io so che voi siete persone dotate di senso dell'umorismo e saprete andare oltre le parole acide per cogliere il vero messaggio di questo libro.
Ovvero... Go veg!
Ok, ok, non pensate ora che io sia una fanatica animalista; sono solo una giovane donzella che sta intraprendendo il cammino del vegetarianesimo ;)
E spero che questo libro vi spinga a iniziare un percorso di maggiore consapevolezza e a capire che nessuno «dà il diritto a noi - esseri umani - di imprigionare, mutilare, massacrare esseri del tutto innocenti e indifesi. Gli animali non sono oggetti, non sono macchine da sfruttare e smembrare, pezzo dopo pezzo. Gli animali sono esseri senzienti, soffrono, sanguinano, muoiono esattamente come noi: ciononostante, la filiera produttiva della carne (mangimifici, allevamenti, impianti di macellazione e distributori) li riduce a cose.
[...] Ma sofferenza e morte degli animali non sono un male necessario, senza sfruttare e uccidere gli animali si può vivere benissimo, anzi: si vive meglio e in migliore salute! Vegetariani e vegan ne sono la prova vivente.»

Infine, due piccole obiezioni.
  1. Rory e Kim sostengono fortemente che un'alimentazione vegetariana vi donerà tanta salute. Assicurato al 100%!
    Secondo me escludere qualsiasi alimento di origine animale può aiutarvi a essere più in salute e a perdere peso (esistono anche vegetariani in sovrappeso, eh!), ma ritenersi al sicuro da malattie è esagerato.
  2. L'insistenza delle autrici sui prodotti biologici è forse un filino eccessiva.
    Dal mio punto di vista il biologico è un'ottima scelta per chi è attento all'ambiente e desidera seguire uno stile di vita consapevole. Certo, solitamente quello che si trova tra gli scaffali del NaturaSì & Co. costa un po' di più di quelli da supermercato. Ma un motivo (anzi, più di uno) c'è!
    Purtroppo esistono i ladri e i truffatori anche in questo settore, come è stato dimostrato qualche mese fa in Veneto (ricordate l'operazione Gatto con gli Stivali?). Bisogna sempre stare all'erta! Quindi ok alle certificazioni, ma cercate sempre di pensare con la vostra testa; non smettete mai di informarvi e documentarvi.
    Oltre al cibo biologico, vi 
    consiglierei di cercare coltivatori e allevatori nel vostro territorio che, pur senza una certificazione bio, lavorano nel rispetto dell'ambiente. Sono certa che anche dalle vostre parti riuscirete a trovare produttori che lavorano con passione e determinazione senza ricorrere a fertilizzanti, insetticidi, diserbanti e schifezzuole varie.

Dettagli
"La dieta Skinny Bitch"
di Rory Freedman e Kim Barnouin
Editore: TEA
Data di pubblicazione: 2008
Pag. 182
Prezzo: 12,00€

venerdì 20 aprile 2012

I link della settimana #5

How Clean is Our Palm Oil?
View more presentations from WWF
Pare che l'olio di palma non faccia molto bene alla salute. Non sono un medico né un'esperta in nutrizione, ma mi sono imbattuta più volte in articoli su quest'olio vegetale e ne ho sempre letto le peggio cose.
Secondo molte ricerche l'olio in questione è pericoloso per il cuore e le arterie, e aumenterebbe il rischio di contrarre malattie cardiovascolari a causa dei grassi saturi a catena lunga di cui è pieno.
Ma c'è qualcos'altro di negativo legato all'olio di palma e su cui non ci sono dubbi: la palma da olio coltivata soprattutto in Malesia, Birmania e in altri paesi asiatici sta prendendo il posto delle foreste tropicali. Questi ambienti, unici per la loro biodiversità, vengono rasi al suolo per fare posto alle monoculture di palma da olio. Leggete cosa sta succedendo nel Borneo dove le aziende produttrici di olio di palma pagano la gente per uccidere gli orang-utan.
L’olio di palma viene ottenuto da un vero e proprio genocidio in paesi dove le foreste vengono disboscate per far spazio ad immense piantagioni. Esso viene utilizzato massicciamente nell’industria dolciaria, spesso anche in prodotti vegani.
Che siate vegan o meno non importa: l'olio di palma deve essere boicottato! Punto.

Cambiamo argomento e viriamo verso il minimalismo (ma guarda!): conoscete Devis Bonanni (aka Pecora Nera sul Web 2.0)?
Devis è finito sulle pagine del Corriere della Sera (Come essere felici con 200 euro al mese) e nell'etere grazie a un documentario di MTV (Madrenatura: la storia di Devis) per il suo stile di vita molto diverso dalla media: a 26 anni, questo ragazzo friulano riesce a vivere con soli 200€ al mese, coltivando e allevando da solo buona parte del cibo che finisce nel suo piatto, spostandosi senza far ricorso all'automobile e riscaldandosi con la legna dei boschi.
Proprio una pecora nera nel mondo occidentale.
O un pazzo/predicatore non credibile/anarchico/figlio di papà/personaggino neofrancescano/evasore per molti altri (date un'occhiata ai commenti sul sito del Corriere e potrete ricavarne un divertente elenco di etichette).
Sulla Rete si è sviluppato un piccolo dibattito, a partire dalla stessa risposta di Devis sulle pagine del Corriere. Per non farsi trascinare dalla facilità con cui si punta il dito contro chiunque tenti una strada alternativa, vi consiglio di leggere i post di Laura (Pecoranera) e di Alberto (Dalla parte di Devis).
Io non riesco ancora a concepire come si faccia a vivere con soli 200€ al mese, ma allo stesso tempo non mi metto ad aggredire Devis così come invece hanno fatto tanti altri. Come si fa a essere così ciechi di fronte alla lezione che puoi impartirci la storia di Devis? Perchè si deve a tutti i costi scadere in commenti acidi e gratuiti contro una persona solo perché "diverso"?

Voi che ne pensate?

giovedì 29 marzo 2012

La vita ridotta all'osso


La vita ridotta all’osso ricorda molto Un anno a impatto zero di Colin Beavan. 

Protagonisti due uomini con un’età compresa tra i 35-40 anni, sposati e con una figlia piccola a carico, residenti in grandi città del mondo occidentalizzato (Londra per Hickman e NY per Beavan). A un certo punto entrambi, punzecchiati dal senso di colpa, vengono colti da una specie di crisi di mezza età: “Quanto incidono le mie scelte di vita e di consumo sull’ambiente? Cosa posso fare concretamente per vivere in maniera ecosostenibile? Che posso fare per sottrarmi al consumismo sfrenato che ormai monopolizza le vite del mondo occidentale?”.
«L'ironia del nostro stile di vita occidentale, naturalmente, non consiste nella beata ignoranza dell'impatto negativo che ha su di noi, sui nostri vicini e sull'ambiente, ma nel fatto che scegliamo di andare avanti nonostante tutto, accecati da una comoda nebbia di inerzia e apatia.» (pg. 6)
Inizia così un progetto lungo un anno in cui le loro abitudini vengono scandagliate, sezionate e soppesate e sostituite con pratiche dall’impatto ridotto.
Vengono coinvolte nel progetto anche le mogli: sia Jane che Michelle sono descritte come delle malate di shopping, riluttanti a rinunciare alle comodità della vita moderna e sempre pronte a storcere il naso di fronte a qualsiasi idea dei loro compagni.
Insomma il ritratto della controparte femminile non è molto lusinghiero, eppure la mia esperienza su questa tematica dica esattamente il contrario: le donne che hanno deciso di dare una svolta green alle loro esistenza sono molto più numerose delle donne rispetto agli uomini (come GreenKika, Paola Maugeri, Kia...).

Mentre Beavan cerca di costruirsi un percorso da solo, affidandosi una tantum a personaggi competenti, Hickman si affida a un manipolo di consulenti che entrano nella sua villa a schiera vittoriana, valutano ogni angolo delle stanze, eseguono un’analisi del ciclo di vita di tutto ciò che si trova in casa ed emettono rigorose sentenze. Nulla sfugge al loro radar anti-eticità: elettrodomestici, scelte d’acquisto, alimentazione, vestiti, cosmetici, vacanze, consumi d’energia e d’acqua, banca d’appoggio, attività per la comunità.

Hickman può contare anche sull’appoggio dei lettori del Guardian, quotidiano inglese per cui lavora, che condividono con il giornalista le loro storie di cambiamento, ma anche le difficoltà incontrate nel tentativo di crearsi un’esistenza più etica.
Quest’ultimo punto è di grande conforto a Hickman che nel libro confessa quanto l’asperità del percorso intrapreso l’abbia più volte portato al limite, a un passo dalWhat the fuck! Who cares!”.
“È che ci sono troppe cose da ricordare: i chilometri, gli imballaggi inutili, la stagionalità, il benessere degli animali, il vegetarianismo, i residui di pesticidi, le buste di plastica sprecate, gli OGM, le multinazionali da evitare.” (pg. 42)
E poi le preoccupazioni per il lombricaio; l’omicidio di un ratto (forse) attratto dalla compostiera; le lotte con i pannolini lavabili (peccato non abbiano affrontato l’argomento assorbenti lavabili e mooncup, ma immagino che la schizzinosa Jane sarebbe rimasta pietrificata di fronte a questa opzione); il senso di colpa per le tonnellate di Co2 emesse con un viaggio in aereo; le difficoltà per una famiglia con bambini piccoli nell’usare i mezzi di trasporto pubblico e l’alto livello di sopportazione necessario per non mandare a quel paese i passeggeri sbuffanti; sentirsi dare dello spacciatore dal farmacista per aver richiesto una grande quantità di bicarbonato di sodio; la crisi di coscienza di fronte a una costata...

Forse Hickman è meno estremista del collega Beavan: non è disposto a rinunciare a tutto per vivere in maniera perfettamente etica e sostenibile (soprattutto quando questo significa mettere in pericolo la vita della figlia) e non può sempre permettersi di spendere mucchi di pounds per mettere in pratica tutti i consigli del suo team di esperti. Tutte le sue paranoie, i suoi dubbi e la sua paura di finire ammazzato dalla moglie (LOL) lo rendono umano e simpatico.

Ma non prendete questa frase come uno sventolio di bandiera bianca. Nossignore!
La sua lezione finale è che “ognuno di noi deve trovare il proprio percorso. Detto così sembra ovvio, ma è il modo di affrontare la vita facendo del proprio meglio. Non c’è un modo migliore o peggiore di arrivarci, purché partiamo tutti insieme.”

Quindi non nascondiamo più dietro scuse false e vuote. Non lasciamo che le buone intenzioni rimangono solo aria fritta! Certo, nessuno dice che agire e cambiare le proprie comode e regolari abitudini sia semplice. Ma abbiamo un solo pianeta ed è messo pure maluccio.
Iniziamo con una semplice azione come dire “No grazie” alla commessa che vuole mettere il nostro piccolo acquisto in un inutile sacchetto di plastica oppure riutilizzare la stessa bottiglia di plastica più volte; vedrete che poi la vostra empatia nei confronti del mondo comincerà a crescere e il resto verrà da sé.
“Credo nel principio di pensare globalmente e agire localmente e non mi aspetto che il mondo cambi dalla notte al giorno. Gli arrabbiati che puntano il dito contro gli altri mi irritano. Non credo nei cambiamenti sociali costosi, difficili o che dipendano dal fatto che gli altri cambino le loro abitudini per adattarsi a te. Preferisco dare l’esempio piuttosto che assillare, anche se significa a volte farsi ridere dietro o sopportare lo scherno del parentame ignorante. Cambiare la mia vita è stato liberatorio e mi ha arricchito. Sono fiera delle mie scelte e delle mie azioni. Sento di avere un significato.” (lettera di Christina Reitano, pg. 114)

Dettagli
"La vita ridotta all'osso"
di Leo Hickman
Editore: Ponte alle grazie
Data di pubblicazione: 2007
Pag. 268
Prezzo: 16,00€

martedì 20 marzo 2012

Buon equinozio di primavera

Spring!!! by Eleonora F.
Spring!!!, a photo by Eleonora F. on Flickr.

Sto preparando un nuovo esame.
No, non sono ritornata all'università ma sto studiando per diventare una guardia ecologia volontaria, quindi mi ritrovo di nuovo con la testa china su schemi e slide e poco tempo per scrivere.

venerdì 9 marzo 2012

I link della settimana #4


Oggi iniziamo da chi pensa che i minimalisti, i fautori della decrescita, i downshifter (chiamateli come preferite) siano persone egoiste.
Mi viene un po' da ridere leggendo questa definizione, visto che bazzicando il mondo minimalista italiano (e statunitense) non potrei trovare un aggettivo più distante di questo per definirlo.
Al contrario, le donne e gli uomini aderenti al "movimento" minimalista hanno a cuore il futuro del Pianeta, della società, della felicità delle altre persone. E anche della loro ovviamente, ma il loro pensiero e il loro raggio d'azione è a 360° gradi. Sono persone che non stanno chiuse nel loro guscio, ma cercano di innescare riflessioni importanti e di proporre soluzioni alternative concrete.
Nessuno dice che sia semplice. In fondo molti di noi sono cresciuti in condizioni agiate, viziati e coccolati da genitori e parenti, e abituati a ottenere tutto subito. Tuttavia i tempi stanno cambiando, sbattendoci in faccia l'insostenibilità del nostro stile di vita e imponendoci un cambiamento.
Io ci sto provando, anche se la strada da fare è ancora lunga. Ma sono convinta di star facendo la cosa giusta!

C'è chi ha pensato di rispondere a tono al sig. Pascale come Emma e Mariaelena con Egoiste della descrescita? Sì grazie e Maurizio Pascale con Risposta ad Antonio Pascale.

A questi articoli aggiungo le parole di Leo Babauta, che traduco per voi:
Uno dei pilastri del minimalismo è l'eliminazione di tutto ciò che non è necessario per lasciare spazio a ciò che è importante.Se non hai bisogno di una tonnellata di vestiti, te ne liberi. Se non hai bisogno di quel nuovo gadget, non lo compri.Impari ad essere soddisfatto di ciò che già hai, dei beni di prima necessità, delle cose che ami fare piuttosto che possedere.
Anche il video in cima al postThe High Price of Materialism (Il caro prezzo del materialismo), cade a fagiolo:  nel filmato lo psicologo Tim Kasser spiega come la cultura del consumismo americano (ma io direi del mondo occidentale) mina il nostro benessere. Quando la gente accetta supinamente gli onnipresenti messaggi pubblicitari secondo cui per vivere bene bisogna comprare oggetti, non solo sta consumando le limitate risorse del pianeta, ma è anche infelice e meno incline ad aiutare gli altri.
E se lavorassimo tutti insieme per trovare soluzioni che ci permettano di vivere in un modo più sano e sostenibile? Vi stuzzica l'idea? :)

Cambiando completamente argomenti, vi lascio con le parole di Michele Serra sul tristemente noto delitto passionale, da lui meglio definito come nazismo maschile. Infatti le pagine della cronaca nera si riempiono sempre più delle tragiche storie di donne picchiate, violentate e uccise da uomini incapaci di affrontare un addio, di voltare pagina, di rispettare la donna: "Piacenza, uccide una donna e poi si spara"; "Omicidio per gelosia a Verona, strangola la moglie e si costituisce"; "Brescia, uccide l'ex moglie e altre tre persone"; "Stupro nell'Aquilano arrestato militare"; "Roma, violentata e rapinata - In manette due romeni".
Ditemi, dov'è la passione in tutto questo?
Ieri era la festa della donna: di fronte a questo massacro quotidiano mi pare ci sia poco da celebrare, ma tanto per cui lottare.



lunedì 5 marzo 2012

Ho sognato la cioccolata per anni


Leggi questo romanzo e ti viene da pensare che c'è stato un errore, questa non è una biografia ma una storia inventata perché Trudi Birger, la protagonista, non può essersela cavata così tante volte.

E invece è una biografia senza ombra di dubbio.
Trudi è davvero rimasta rinchiusa per giorni in una cella frigorifera di una macelleria per sfuggire alla deportazione in Siberia; è riuscita a salvarsi dai pesanti massacri attuati nel ghetto di Kovno; è rimasta chiusa per giorni nei carri ferroviari roventi e privi d'aria, senza niente da mangiare; è riuscita a superare la selezione e a riportare sua madre nella schiera delle non-condannate a morte immediata; ha camminato sul sottile filo della vita nella sua permanenza nel campo di concentramento di Stutthof e, anche quando una gamba infetta sembrava aver segnato il suo destino in modo inesorabile, la buona stella ha continuato a vegliare su di lei.

Insomma questa è la storia reale di una ragazzina di soli 16 anni che è riuscita straordinariamente a sopravvivere alla violenza nazista nonostante un'adolescenza rubata e gli affetti strappati.
Perché Trudi amava la vita più di ogni altra cosa:
"Malgrado le condizioni disumane della vita nel campo di lavoro, malgrado la paura e la degradazione, la sofferenza fisica e la fame, ero ostinatamente attaccata alla vita. Lottavo per tenere alto il morale di mia madre, e non lasciavo mai morire la speranza dentro di me. Anche la rabbia ci dava forza, la rabbia di essere state abbandonate, di essere tagliate fuori dal resto del mondo. Quanto ancora ci sarebbe voluto prima che gli alleati sbaragliassero i nazisti? Eravamo sicure che avrebbero perso la guerra, e ci aggrappavamo alla speranza di poter vedere quel giorno."

Dettagli
"Ho sognato la cioccolata per anni"
di Trudi Birger
Editore: Piemme Pocket
Data di pubblicazione: 1991
Pag. 222
Prezzo: 6,90€

lunedì 20 febbraio 2012

Cosa tiene accese le stelle


Credo che Cosa tiene accese le stelle sia capace di confortare anche il cuore più disperato e disilluso nei confronti dell'Italia.

So bene cosa significhi studiare sodo per realizzare il proprio sogno nel cassetto e poi, una volta ottenuto quel sudato pezzo di carta, non venire mai presa in considerazione seriamente. Quanti curricula mandati negli anni e quanti silenzi ho dovuto sopportare. Quanti colloqui affrontati con il cuore in gola, quanta fibrillazione nell'attendere la sospirata chiamata... e quante aspettative infrante.
Aggiungiamoci poi un paio di esperienze pagate miseramente e poco appaganti, e il gioco è fatto.

La disillusione mi aveva completamente vinta.
A settembre 2011 ero pronta a fare le valigie, lasciandomi alle spalle questo Paese in cancrena per cercare di realizzare altrove il mio progetto di vita. Destinazione: Londra.

E invece è avvenuto un "miracolo": sono stata scelta da un'agenzia di comunicazione digitale internazionale per svolgere il lavoro a cui tanto aspiravo.
E oggi posso dire di essere felice e di sentirmi gratificata per il mio lavoro.

Forse, allora, c'è una possibilità per tutti? O sono solo una delle poche fortunate?
Non saprei rispondere a questa domanda. So solo che serve moltissima costanza e tantissimo coraggio per andare avanti. E questo libro vi aiuterà a non arrendervi. Deporre le armi e lasciarsi andare alla rassegnazione generale sarebbe molto più facile. Ma non fatelo!
Leggete le note che ho voluto appuntare per poter dare almeno un briciolo di ottimismo a chi si sente con il culo per terra (e anche per rincuorare me stessa nei momenti bui).
«Oggi viviamo tempi cupi, sarebbe ridicolo negarlo: la crisi economica si sta mangiando risparmi e sicurezze costruite in generazioni, il Paese scivola sempre più verso posizioni di irrilevanza, la nostra crescita è risicata e l'offerta di posti di lavoro stentata, ma soprattutto la politica è completamente incapace di alzare lo sguardo, indicare un progetto, proporre una via d'uscita. Viviamo tempi volgari, in cui mal si sopportano le regole, si insulta chi le dovrebbe far rispettare, e dove il principio di responsabilità sembra assolutamente passato di moda.
Ma se tutto questo provoca uno sconforto diffuso e comprensibile, non deve impedirci di vedere cosa abbiamo conquistato nel tempo, cosa siamo e cosa potremmo diventare. Non possiamo lasciarci paralizzare, disorientare e ipnotizzare dal peggio. Per riprendere coraggio, per trovare ossigeno, mi sono rimesso a viaggiare nella memoria. Chi lo fa si sente immediatamente più forte: se ce l'hanno fatta loro, possiamo farcela anche noi.»
Postilla per me: andare a comprare questo libro in libreria e conservarlo gelosamente nello scaffale dei preferiti. E, ovviamente, rileggerlo ogni volta che la frustrazione si fa strada.


Dettagli
"Cosa tiene accese le stelle"
di Mario Calabresi
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: 2011
Pag. 130
Prezzo: 17,00€

sabato 18 febbraio 2012

I link della settimana #3


Di corsissima!
Non è un caso se io stravedo per Londra, l'unico amore eterno di cui sarò sempre sicura al 100% (beh, a dire la verità, anche il mio amore per il Giappone è altrettanto incrollabile... sono poligama!). E in questi giorni si è aggiunto un altro motivo per adorarla: l'iniziativa Save our cyclists lanciata dal quotidiano britannico The Times, scoperta grazie a Giuseppe Civati.
Ecco gli 8 punti fondamentali della proposta, riadattati per l'Italia:
  1. Gli autoarticolati che entrano in un centro urbano devono, per legge, essere dotati di sensori, allarmi sonori che segnalino la svolta, specchi supplementari e barre di sicurezza che evitino ai ciclisti di finire sotto le ruote
  2. I 500 incroci più pericolosi del paese devono essere individuati, ripensati e dotati di semafori preferenziali per i ciclisti e di specchi che permettano ai camionisti di vedere eventuali ciclisti presenti sul lato
  3. Dovrà essere condotta un’indagine nazionale per determinare quante persone vanno in bicicletta in Italia e quanti ciclisti vengono uccisi o feriti
  4. Il 2% del budget dell’Anas dovrà essere destinato alla creazione di piste ciclabili di nuova generazione
  5. La formazione di ciclisti e autisti deve essere migliorata e la sicurezza dei ciclisti deve diventare una parte fondamentale dei test di guida
  6. 30 km/h deve essere il limite di velocità massima nelle aree residenziali sprovviste di piste ciclabili
  7. I privati devono essere invitati a sponsorizzare la creazione di piste ciclabili e superstrade ciclabili prendendo ad esempio lo schema di noleggio bici londinese sponsorizzato dalla Barclays
  8. Ogni città deve nominare un commissario alla ciclabilità per promuovere le riforme.  
Salviamo i ciclisti anche in Italia?
Qualche amministratore italiano vuole impegnarsi a diffondere un po' di cultura su due ruote?
Per discuterne più a fondo si può diventare fan della fanpage dedicata oppure mandare un cinguettio con l'hashtag #salvaiciclisti.

Frequentando ogni giorno le stazioni dei treni, sono costretta a sorbirmi quegli inutili televisori che sparano no-stop la loro altrettanta inutile pubblicità. Mesi fa ero esasperata dallo spot di un profumo di Laura Biagiotti con il ragazzo che urlava "Veneziaaaa!" (ebbasta, ricorrirla 'sta Venezia invece di startene affacciato al balcone!).
In questi giorni, invece, sto facendo indigestione del commercial della Sisal con quel branco di italioti sorridenti che si affidano alla schedina per costruire il loro futuro. Ritratto di "un'Italia immobile, senza soldi e senza speranze" come fa notare Giovanna Cosenza.

E per concludere: quanta bellezza non notiamo durante le nostre frenetiche giornate, mentre corriamo indaffarati con un diavolo per capello?
Scoprite cos'è successo a Washington dove un famoso violinista di fama internazionale (per il quale di norma si spendono tanti tanti bigliettoni) ha tenuto un concerto gratuito a beneficio dei frequentatori di una stazione della metropolitana...

sabato 11 febbraio 2012

I link della settimana #2



Ma che brava! Ho già saltato un appuntamento con la mia rubrica appena inaugurata...

Rimedio subito!

Questa settimana vi segnalo Potere, l'editoriale comparso sull'Internazionale n°934 della scorsa settimana. Giovanni De Mauro parla di come Steve Jobs fosse un personaggio controverso e di come la Apple sia finita a far produrre i suoi iPhone e iPad in Cina. Questo editoriale è il preludio di un'inchiesta interessante pubblicata sul New York Times, "I costi umani di un iPad", dove la Apple viene ritratta in modo poco lusinghiero: sembra infatti che la più potente azienda di hi-tech del mondo se ne freghi della condotta dei suoi fornitori in Cina nei confronti degli operai.
Cosa possiamo fare noi? Semplicemente informarci il più possibile e, in base alle nostre conoscenze, fare decisioni d'acquisto oculate. 
"In realtà anche noi, i cosiddetti consumatori, abbiamo un grande potere: quello di scegliere cosa comprare. Ma per poterlo esercitare dobbiamo essere informati. Dobbiamo sapere che dietro ogni telefono, ogni computer, ogni televisore che entra nelle nostre case c’è anche una storia di sofferenze e di sfruttamento. Non sempre, ma più spesso di quanto immaginiamo."

Il 13 febbraio è la Giornata della bellezza sostenibile dedicata ad aumentare la consapevolezza della gente sul rapporto tra prodotti cosmetici e ambiente.
Per tutta la giornata molti saloni di bellezza (centri estetici, di massaggi, parrucchieri) saranno aperti per offrire taglio, piega e trattamenti alla pelle in cambio di un contributo volontario da parte del cliente che sarà interamente devoluto al progetto Impatto Zero® di LifeGate.
Parteciperete? 
E come vi prendete solitamente cura di voi stessi? Siete attenti a cosa vi spalmate addosso oppure ve ne fregate altamente di quello che finisce sulla vostra pelle e negli scarichi?

Infine non perdete la puntata di Presa Diretta di domani, domenica 12 febbraio 2012: si parla di cemento (nel video potete vedere lo spot).
Molto spazio alle incessanti colate di cemento che stanno sommergendo Milano, la città dove lavoro, e in generale tutta la Lombardia, la mia Regione.
So già che questa visione mi renderà molto depressa... 


Buon weekend!

venerdì 3 febbraio 2012

L'inferno di Treblinkla


79 pagine nell'agghiacciante inferno di Treblinka, uno dei tanti campi di concentramenti nazisti. Probabilmente uno dei più mostruosi dove "essere condannati a vivere era molto peggio che essere condannati a morire". Già il nome fa venire i brividi e incute paura. Ma quello che racconta Vasilij Grossman va oltre il concetto di orrore e malvagità.

Qui ebrei, prigionieri politici e zingari vennero deportati con l'inganno, senza alcuna idea della loro triste destinazione.
L'inganno continuava anche al loro arrivo al campo per poi frantumarsi in mille pezzi una volta superato il cancello d'ingresso. Certo non mancavano strani segnali appena scesi alla finta stazione di Treblinka, costruita appositamente dai nazisti per reggere il teatrino: sul piazzale d'arrivo rimanevano a volte giocattoli, pettini e abiti della tradotta precedente; e poi, perché le SS non riuscivano a trattenere dei sorrisetti beffardi?
E tuttavia, queste persone dal destino ormai irrimediabilmente segnato come potevano immaginare fino a che punto si era spinta la malvagità umana?

Senza via di scampo e senza il tempo per realizzare quanto stava accadendo, i prigionieri venivano spinti verso la loro morte: all'interno del campo numero 2 aveva così inizio il processo "per annientare la psiche delle vittime, espressione di una crudeltà priva di logica che annichiliva la coscienza e la volontà."
In poche ore tutti venivano privati dei loro averi, spogliati, rasati a zero, derisi, picchiati, attaccati da pastori tedeschi addestrati a strappare a morsi i genitali, stipati in spazi minuscoli, gasati e buttati in enormi fossi comuni.
Fa gelare il sangue il racconto di come bambini vivi venivano buttati tra le fiamme altissime dei forni o dei ventri delle donne incinte che scoppiavano per l'eccessivo calore.
Fa scuotere la testa increduli sapere della violenza gratuita verso alcuni bambini che, incolonnati verso le camere a gas con genitori, parenti e amici, venivano afferrati da una folle SS e sbattuti con violenza a terra per far spezzare loro la colonna vertebrale.

Nonostante tutti gli orrori raccontati, Grossman riesce comunque a trovare un modo per riscattare la memoria dei milioni di vittime della follia nazista:
Dopo aver tolto a quella gente la casa e la vita, l'hitlerismo avrebbe voluto cancellare anche i loro nomi dalla memoria del mondo. Ma tutte quelle persone, tutti coloro che hanno lasciato questa vita conserveranno in eterno il migliore dei nomi, un nome che la banditaglia dei vari Hitler-Himmler non è riuscita a calpestare: erano uomini. E nei loro epitaffi la storia scriverà: "Qui riposa un essere umano!".
E infine un pensiero su cui è doveroso riflettere:
Che cosa bisogna fare affinché il nazismo, il fascismo, l'hitlerismo non abbiano a risorgere né al di qua né al di là dell'oceano, mai e poi mai, in secula seculorum? L'idea imperialistica dell'eccellenza di una nazione, di una razza o di chissà che cos'altro ha avuto come conseguenza logica la costruzione da parte dei nazisti di Majdanek, Sobibor, Belzec, Auschwitz, Treblinka. Dobbiamo tenere a mente che di questa guerra il razzismo, il nazismo non serberanno soltanto l'amarezza della sconfitta, ma anche il ricordo fascinoso di quanto sia facile uno sterminio di massa.

Dettagli
"L'inferno di Treblinka"
di Vasilij Grossman
Editore: Adelphi
Data di pubblicazione: 1944
Pag. 79
Prezzo: 6,00€

lunedì 30 gennaio 2012

Propositi per il 2012? Alla buon'ora!

Foto © Newsusacontent

Con la mia proverbiale tempestività, vi propino un post originalissimo da inizio anno: i miei propositi per il 2012. Wowza! Sicuramente non sono interessanti come quelli di Marilyn Monroe (ecco, dopo appena due righe avrete già abbandonato questo post per fiondarvi sul fantastico sito Lists of Note), ma — vabbeh — ora.
Li trovate riassunti anche su 43Things, insieme ai miei progress periodici (scritti in inglese) sull'andamento effettivo di tali propositi.

Siete pronti?!
  1. non comprare libri per tutto il 2012: sì, forse state pensando a un bel "WTF?!" dato questo è un blog dedicato ai libri. Il punto è che nella mia libreria giacciono 128 libri mai letti. 128. E lasciatelo dire a me questa volta: WTF! Sono troppissimi e anche se sono riuscita a piazzarne alcuni a prezzi scontati e tramite scambio (a proposito, se siete interessati date un'occhio alla mia lista) ne rimane ancora una vagonata infinita.

    Quindi per questo 2012 ho deciso di mettere un freno al mio bookaholicismo autorecludendomi in una rehab (immaginaria) per un percorso di disintossicazione lungo 1 anno.
    Innanzitutto sarà fondamentale evitare i luoghi di perdizione (Feltrinelli, FNAC & Co.) per non cadere in tentazione e scongiurare il presentarsi dei classici sintomi da crisi d'astinenza: mani tremanti e incontrollabili che bramano pagine immacolate da sfogliare; sguardo in trance, perso tra gli scaffali; vocina gongolante nello sfogliare quel libro di cucina illustrato in modo eccezionale oppure per aver scovato il libro di quella blogger di cui hai sentito parlare tanto bene; portafoglio che si apre facile facile.
    Vietate anche le bancarelle, le librerie dell'usato e le sterminate librerie online.

    Ovviamente dovrò cercare di rendere meno dolorosa cotanta morigeratezza e questo sarà possibile rifugiandomi nel sacro tempio del libro: la biblioteca! E manco mi avesse letto nel pensiero, la biblioteca di Crema resterà aperta per diversi mesi anche di domenica. Yeehaw!!!
    Infine se proprio non troverò il modo di ottenere un libro senza cui la mia vita perderebbe completamente senso, solo allora sgancierò i soldi per comprarlo. Ma spero questo accada raramente in tutto l'arco del 2012.

    Al momento il trattamento detox funziana alla grande. Nessun nuovo libro acquistato, ma solo scambi fruttuosi con altri Anobiiani: grazie a loro ho tra le mani nuovi libri fantastici (come Bar Sport e Pane e tempesta di Stefano Benni)  e di liberarmi di alcuni volumi indesiderati.
    Senza contare le numerose letture gratis possibili grazie alla biblioteca: Make Up Delight, Colazione da Starbucks e Torta al caramello in paradiso

  2. fotografare in analogico: non ho gettato in discarica la mia fedele D90, sia chiaro! Però voglio provare a capire più fondo il mondo della fotografia e credo che l'uso della pellicola mi possa aiutare in questo, "costringendo" il cervello a pensare più attentamente prima di fare click!

  3. mangiare vegetariano almeno una volta alla settimana: non so se l'ho mai confessato su queste pagine, ma in un passato — nemmeno tanto lontano — sono stata vegetariana. Per due anni. Poi una forza di volontà non proprio inscalfibile, una passione sfrenata per il cibo e la sperimentazione gastronomica, e una mamma poco collaborativa.
    Ho vissuto questo abbandono come una sconfitta e molto spesso mi ritrovo a pensare "quanto vorrei essere abbastanza forte da riprendere l'alimentazione vegetariana". Purtroppo le condizioni che mi hanno portato lontano da quella strada non sono cambiate e andrei incontro a un nuovo fallimento. Ma posso sforzarmi di fare il possibile per fare delle scelte alimentari più oculate: già la mia colazione è quasi sempre vegan (yuppy!) e almeno due giorni alla settimana sono vegetariani!

  4. tenere un diario dei consumi: ora che finalmente ho uno stipendio assicurato (beh, almeno per un anno) e che ci sono dei cambiamenti in atto (ma di questo ve ne parlerò a tempo debito), è il momento di diventare ancora più attenta... ai movimenti di portafoglio!
E quali sono invece le vostre resolution?

venerdì 27 gennaio 2012

I link della settimana #1

Oggi inauguro una nuova rubrica!
Mmmm... No, alt. Questo blog è sempre stato votato all'anarchia totale e non ha mai avuto rubriche. Quindi mi correggo: oggi inauguro la prima rubrica di Quarte di copertina!

Niente di trascedentale, intendiamoci. Si tratta di segnalare i migliori articoli letti durante la settimana secondo il mio indiscutibile giudizio e che credo possano aiutare il mio folto pubblico (LOL) e la sottoscritta a sviluppare maggiore consapevolezza e senso di responsabilità.
Si tratta di una rubrica a cadenza settimanale, pubblicata tendenzialmente il venerdì per lasciarvi il tempo di digerire articoli, foto e video durante il weekend.
Quindi, siore e siori, ecco il primo appuntamento con I link della settimana.

Iniziamo con La felicità non si compra (si vive) del blog Accademia felicità.
Il concetto è semplice, antico come le montagne ma spesso dimenticato: le esperienze vissute con parenti, amici, compagni di vita (ma anche in solitaria, aggiungerei) valgono più di un gioiello di Tiffany's o di un cappotto Max Mara. Lo conferma una ricerca svolta presso la Cornell University (Ithaca, USA) in cui si sostiene che "l’83% della popolazione quando pensa a qualcosa di bello pensa al concerto a cui è andata e alle cene con gli amici piuttosto che a vestiti o gadget che ha acquistato."
In effetti se ripenso ai momenti più felici del passato non mi viene in mente la Barbie-vitino-da-vespa ricevuta a Santa Lucia o gli acquisti in serie all'outlet. Piuttosto sorrido pensando a quando mio papà mi caricava sulle sue spalle per portarmi a letto e mi raccontava le sue storie sull'asinello Giulietto ♥ o mi perdo nella nostalgia che mi assale ripensando al primo indimenticabile concerto degli U2 con Marco.
Ora mi rivolgo a voi: cosa vi rende più felici?

Passiamo al cibo e a una recensione – pubblicata su Il Pasto nudo – di un libro entrato subito nella mia lista dei desideri: “Cioccolato amaro – Il lato oscuro del dolce più seducente” di Carol Off.
Credo che tutti voi siate a conoscenza delle oscure vicende legate alla produzione del cacao, alimento tanto amato quanto conteso. Ma scommetto che pochi di voi si siano presi la briga di andare a fondo. Io in primis. Questo libro ci permetterà di correre ai ripari e di avere un quadro completo sui retroscena del cacao dato che la "Off comincia dagli albori e ci racconta come la storia del cacao sia stata intrisa di ingiustizie e discriminazioni, sfruttamento e criminalità".
In estrema sintesi: W il cioccolato equo&solidale! e pollice basso per le multinazionali schiavizzatrici.

Ecco un'infografica interessante e demoralizzate su quanto territorio italiano è stato mangiato dal cemento negli ultimi 10 anni.
Dati sconfortanti per chi, come la sottoscritta, ha un nodo alla gola quando vede una rete arancio-elettrico in un campo (= nuova colata di cemento in arrivo) o viene preso dallo sconfornto quando attraversa interi quartieri senza l'ombra di un giardino pubblico, di un albero o anche solo di un'aiuola di tulipani.

Infine due video:
  1. il primo racconta di un progetto molto interessante che mi piacerebbe tanto replicare anche nel mio territorio: Tree planting at Whitehead nell'Irlanda del Nord, la zona con meno alberi dell'Europa (e chi l'avrebbe detto? Io no!).
    Piantare tanti alberi
    – possibilmente autoctoni o creare un gruppo di guerrilla gardening per dare ossigeno e rendere meno triste le distese di cemento: un sogno!
  2. il secondo – girato da Nemesi Animale – riguarda le Uova Bruzzese (Una storia di ordinaria sofferenza). Pensavate che gli allevamenti intensivi esistessero solo negli sterminati spazi degli Stati Uniti? Vi sbagliate di grosso. Ecco cosa succede nella "ditta Bruzzese di Olgiate Olona (Varese), una delle principali produttrici di uova della Lombardia, con 200.000 galline ovaiole detenute in condizioni vergognose, in pessime condizioni di vita e d'igiene".
    Cosa possiamo fare per non essere complici? Se proprio non riuscite a vivere senza uova,
    davanti agli scaffali del supermercato ricordatevi la classificazione illustrata nell'immagine e cercate di acquistare sempre e solo uova con codice 0! 
(foto trovata sulla fanpage di LAV Milano)
È antropomorfismo provare a immaginarsi dentro la gabbia di un animale d’allevamento? E antropodiniego non farlo? Una gabbia per galline ovaiole concede in genere a ogni animale una superficie all’incirca di quattro decimetri quadrati: uno spazio grande poco meno di un foglio A4. Le gabbie sono accatastate in pile da tre a nove — il Giappone detiene il record d’altezza per le gabbie di batteria, con pile di diciotto gabbie — in capannoni privi di finestre. Entra mentalmente in un ascensore affollato, un ascensore così affollato che non riesci a girarti senza sbattere (esasperandolo) contro il tuo vicino. Un ascensore così affollato che spesso rimani sollevato a mezz’aria. Il che è una specie di benedizione, perché il pavimento inclinato è fatto di fil di ferro che ti sega i piedi. Dopo un pò quelli che stanno nell’ascensore perderanno la capacità di lavorare nell’interesse del gruppo. Alcuni diventeranno violenti, altri impazziranno. Qualcuno, privato di cibo e speranza, si volgerà al cannibalismo. Non c’è tregua, non c’è sollievo. Non arriverà nessun addetto a riparare l’ascensore. Le porte si apriranno una sola volta, al termine della tua vita, per portarti nell’unico posto peggiore…
da Se niente importa di Jonathan Foer
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