giovedì 13 gennaio 2011

Cara MaryStar...

Mi sono imbattuta in questo video tratto dall'ultima puntata di Ballarò, dove quella simpaticona della MaryStar ha sostenuto la seguente tesi: il corso di laurea in Scienza delle comunicazioni e similia (quindi immagino finiscano nel calderone anche Lettere, Filosofia, ecc.) sono inutili e bisognerebbe favorire le conoscenze tecniche e scientifiche.

Io sono laureata in Scienze della comunicazione e attualmente sono laureanda in Comunicazione ed editoria multimediale.
Quindi avrei passato 6 anni dilettandomi nello studio di schiocchezze? Posso buttare il mio diploma di laurea direttamente nella monnezza? Non sono di nessuna utilità al sistema economico perché le aziende non se ne faranno mai niente della mia vena comunicatrice? Sono allora un essere inutile, con un bagaglio di conoscenze altrettanto inutili e non potrò mai dare il mio contributo alla crescita del PIL?
Pare che io abbia sbagliato tutto nella mia vita e non troverò mai un lavoro! Forse avrei fatto meglio a seguire il consiglio di mia mamma (ex infermiera professionale) che desiderava tanto vedermi con il camice da medico o la divisa da infermiera.
Eppure è strano perché da ottobre sto svolgendo un tirocinio dove mi occupo di creare e sviluppare strategie di comunicazione online per le imprese (toh!).

Vorrei tanto dire alla Marystar di informarsi prima di dare aria alla bocca e di annotarsi i seguenti punti:
  • innanzitutto la dicitura esatta è Scienze della comunicazione
  • una laurea può esistere solo se è funzionale alla ricerca del lavoro ed è collegata allo sviluppo delle imprese? E' sicuramente un fattore importante, ma anche la cultura generale riveste un certo peso. A meno che non si aspiri a diventare un sottoprodotto della televisione berlusconiana
  • non tutte le ragazze e i ragazzi che frequentano Scienze della comunicazione aspirano a diventare le prossime sculettanti veline di Striscia la notizia o i nuovi concorrenti dell'ennesima insulsa edizione del Grande fratello
  • lo sa che quando lei parla e scrive in qualità di Ministro dell'Istruzione sta facendo comunicazione politica e che questa è materia di studio?
  • io, tra i tanti esami dati, ho sostenuto anche economia, comunicazione pubblica e istituzionale, comunicazione aziendale. Sono insegnamenti legati al suo tanto adorato mondo dell'impresa che, senza un adeguato progetto di comunicazione, di marketing e di pubblicità, non potrebbe esistere. E' proprio sicura che i comunicatori non servano alle aziende?
  • si rende conto che la comunicazione è uno dei pilastri su cui si fonda l'impero del suo capo, alias il Banana?
  • "Questi attacchi, gratuiti e populisti, non fanno altro che denigrare il 
nostro futuro lavoro, facendosi che le aziende non paghino quanto dovuto
 per il lavoro svolto e vengano 
privilegiati laureati in economia che si occupino di marketing e in 
parte di ufficio stampa e altro" (dal post Continuano gli attacci a Scienze della Comunicazione... Stiamo tutti a guardare? di Giancarlo Camoirano)
  • ovunque, nel mondo, si sottolinea il ruolo essenziale della comunicazione, mentre in Italia sembra passare un messaggio che puzza di vecchio e stantio: l'attività manuale e fisica è il vero lavoro, mentre l'attività intellettuale è cazzeggiare
  • è consapevole che non sono solo i comunicatori a incontrare enormi difficoltà nel trovare un'occupazione, ma si tratta di un problema che assilla gli studenti di molte altre facoltà? Conosco personalmente molti architetti, geologi, letterati, linguisti, storici, economisti e filosofi precari alle prese con stage, tirocini e collaborazioni spesso sottopagati (quando va bene) o senza aver trovato un posto dal giorno della laurea. Le uniche persone che conosco e hanno un contratto a tempo indeterminato sono due mie amiche laureate rispettivamente in tecniche della riabilitazione psichiatrica e fisioterapia e i miei amici laureati in informatica. Cosa facciamo, tutti a curare i pazzi e traumi ossei oppure a programmare in C?
  • i fancazzisti non vegetano solo nelle facoltà di Scienze della comunicazione. Sono ovunque e spesso dopo il primo anno accademico mollano la barca oppure si trascinano per anni
Concludo riportando un passaggio del post di Gennaro Carotenuto, ricercatore, insegna Storia del giornalismo e dei nuovi media ed è autore di Giornalismo partecipativo. Storia critica dell’informazione al tempo di Internet:
Nelle facoltà di Scienze della Comunicazione gli studenti non si preparano solo alle professioni della comunicazione di massa, d’impresa, pubblicitaria. Apprendono a pensare la comunicazione come plurale e partecipativa. Acquisiscono strumenti che permettono loro di inventare nuovi media altri. Studiano per innovare forme, tecniche e contenuti rispetto al format da pensiero unico sul quale si regge il modello. Lavorano per fare comunicazione e informazione con la propria testa e non per compiacere qualcuno.
Nel latifondo mediatico berlusconiano si fa carriera col conformismo, l’omologazione, il servilismo. La colpa dell’Università pubblica (e delle Facoltà di Scienze della Comunicazione che Gelmini vorrebbe eliminare) è di offrire strumenti per stare con la schiena dritta ed insegnare a pensare e comunicare che esistono altre vie.

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