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domenica 19 agosto 2012

La Stazione Centrale di Milano


"Ma la Centrale rimarrà sempre là, nella sua mutevole immutevolezza a osservare gli arrivi e le partenze e molto altro ancora".

Più che da leggere, questo libro è da guardare.
Anche perché i testi di Massimiliano Finazzer Flory sono intricati, pieni di rocambolesche frasi e infarciti di parole pompose (e inutili) che spingono a chiedersi: "Ma dove vuole arrivare?!"

Molto più interessante la parte sulla storia della meravigliosa Stazione Centrale di Milano.
Nata dal progetto 'In motu vita' dell'architetto Ulisse Stacchini, la costruzione dell'imponente edificio cominciò nel 1925 e terminò nel 1931 con la sua inaugurazione.
Tutto per l'esilarante cifra (per gli standard odierni) di ventimila lire!

C'è da dire che, all'inizio, non venne accolta con favore, al punto da essere definita la tomba del viaggiatore ignoto perché <<invece di richiamarsi alla modernità, al movimento, all'energia e alla dinamicità dei trasporti, la stazione sembrava, ai critici dell'epoca, ancorata a un passato incapace di rapportarsi alle nuove tendenze in campo architettonico.>>

Non biasimiamoli: bisogna sempre lasciare del tempo per abituarsi alle novità che vengono a scuotere la nostra quotidianità e le nostre abitudini.
Ad esempio io avrò bisogno di molto, molto tempo per abituarmi a questo grattacielo dotato di pungiglione dal nome esotico!

Oggi abbiamo una maggiore consapevolezza della bellezza della Stazione di Milano Centrale che non merita di essere solamente il luogo di passaggio di milioni di frettolosi viaggiatori. La prossima volta che ci passerete, ricordatevi di andare oltre al tabellone delle partenze e degli arrivi!
Osservate i due colossali cavalli alati dell'avancorpo della facciata principale che rappresentano il Progresso guidato dalla Volontà e dall'Intelligenza; cercate i medaglioni della galleria delle carrozze e gli affreschi con i panorami delle città italiane; rimirate i mosaici che portano le scritte Commercio, Scienza, Lavoro, Rapidità.
Per quanto mi riguarda, cercherò la prossima volta di guardarla diversamente e ripensando al passato, quando grazie al mio papà ferroviere proprio a Milano Centrale ho potuto vivere una parte della stazione nascosta ai più :)

E se volete farvi un'idea prima di andarci, allora cercate questo libro con le foto di Vincenzo Aragozzini e Giulio Galimberti. Immagini della parte di arrivo dei treni, delle 5 tettoie in ferro che coprono i binari, del contrasto con la monumentalità della costruzione verso piazza Andrea Doria...

Ultima nota: questo libro è stato pubblicato in occasione dell'opera di ammodernamento e di restauro della stazione.
Molti uomini si sono impegnati per riportare a nuovo splendore questa straordinaria opera d'arte urbana: i marmi, gli stucchi, i mosaici sui pavimenti, i dipinti e i lampadari di bronzo disegnati dallo stesso Stacchini sono stati puliti accuratamente; le grandiose volte rinforzate con fibra di carbonio e resine speciali; la Sala Reale accanto al binario 21, i magnifici saloni, le scalinate, le mille decorazioni segrete di questi ambienti sono stati spolverati con minuziosità.
Tuttavia detesto il cambiamento all'entrata della stazione: ora i viaggiatori, per accedere ai binari, sono costretti a passare tra gallerie piene di negozi e bar. Come quando si va in autogrill dove, per prendere un caffè, sei costretto a passare tra gli scaffali pieni di schifezze e di inutilità di vario tipo solo per indurti a comprare!

martedì 29 maggio 2012

Oltre le porte del tempo


Mi sono piaciuti molto Molte vite, un solo amore e Messaggi dai maestri, mentre questo Oltre le porte del tempo manco un po'!

Un'ammucchiata di storie, sparate una dopo l'altra, senza nemmeno il tempo necessario per metabolizzare e riflettere.
Non sarebbe stato meglio analizzare qualche storia significativa e sviscerarla per filo e per segno?

E invece no!
L'autore ci infila una storia dietro l'altra facendo passare il messaggio che con due/tre sedute al massimo chiunque possa guarire dalle proprie malattie, superare fobie, risolvere ricordi infantili traumatici e ricucire le proprie ferite.
Basta prendere mezzo chilo di trance ipnotica, aggiungere 200 grammi di terapia della regressione, una grattatina di visualizzazione delle vite passate e guarnire con un pizzico di bambino interiore... et voilà!
Tutti i vostri problemi si risolveranno, riuscirete a vederli sotto una nuova prospettiva (cioè si riveleranno essere una gran cazzata), diventerete i nuovi Gandhi del ventunesimo secolo e darete una svolta alla vostra vita!

Con Weiss dite addio a chili di troppo, attacchi d'ansia, odio per un padre che vi ha violentato da bambina, allergie respiratorie, asma, mal di testa cronico...
Bastano poche sedute; ma non scordatevi la Mastercard!

lunedì 28 maggio 2012

I love mini shopping... ma anche no


Ne sono consapevole: manco da tantissimo tempo dal blog e a momenti il mese di maggio se ne andava senza nemmeno un segno di vita.
Ma la vita è così piena in queste settimane che non mi lascia il tempo di fare molto altro rispetto alla solita routine di colazione, viaggio a Milano, lavoro, ritorno a casa e nanna.
Oggi ho recuperato un po' di forze e riesco a scrivervi due parole su un libro terminato oggi pomeriggio, distesa al caldo sole di fine maggio nel tentativo di sviluppare un colorito diverso dal bianco vampiresco.

Sapete quando venite presi da quella frenesia incontenibile di finire un libro... quando smaniate per finire l'esperienza legata a un romanzo... quando non vedete l'ora di arrivare all'ultima pagina e di poter finalmente dire a gran voce: "Finalmente ce l'ho fatta a finire 'sto libro di merda!".

Ecco, io ho provato tutto ciò con I love mini shopping.

Becky è ormai bollata come il personaggio più insopportabile della storia della letteratura mondiale di ogni tempo.
All'inizio ti viene da pensare (o almeno sperare) che con la maternità sia cresciuta; non dico guarita completamente dalla sindrome delle mani bucate, ma che almeno abbia imparato a gestire meglio i viaggi di sola andata delle sue carte di credito.
E invece no! È addirittura più scema di prima! Becky non si evolve mai e non riesce più nemmeno a strapparti un sorriso visto che ricade sempre nei soliti schemi visti nel primo I love shopping e rivisti poi nei libri successivi della saga (I love shopping a NY; I love shopping in bianco; I love shopping con mia sorella).
Anche gli altri personaggi sono sempre uguali da 5 libri a questa parte: Luke pensa sempre al lavoro e non si stacca mai dal suo fastidioso Blackberry e riesce a pensare a qualcosa di diverso dalla Brandon Communications solo per qualche nanosecondo; la madre di Becky è rimasta una scema e il padre un tontolone senza speranza; Janice è ancora la vicina ficcanaso.

Credo che la Kinsella abbia esaurito le cartucce per questa saga e farebbe meglio a porre il sigillo The End a questa serie.
Purtroppo le ultime pagine fanno intendere che la scelleratezza di Becky Bloomwood continuerà a infastidirci, spostandosi sui lidi della West Coast americana.

Voi potreste giustamente dirmi: "Ma chi te l'ha fatto fare di leggerlo tutto se ti faceva così schifo? Bastava appellarsi al terzo diritto di Pennac, il diritto di non finire il libro!".
Voi avete anche ragione, ma ormai è diventata una questione di principio (e di capa tosta).

Stelline: 1

Dettagli
"I love mini shopping"
di Sophie Kinsella
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: 2010
Pg. 377
Prezzo: 19,50€

mercoledì 25 aprile 2012

La dieta Skinny Bitch


Skinny: scarno, molto magro.
Bitch: stronza, bastarda.
Quindi la dieta della stronza magra.
Un titolo che divide: c'è chi lo trova troppo impertinente e antipatico, e chi invece è attratto proprio da questa palese irriverenza.
Io l'ho comprato perché sapevo che non si tratta di un libro pro-anoressia; sotto questo titolo ad effetto, infatti, c'è molto di più di una dieta per perdere i maledetti chili di troppo!
Come dicono le stesse autrici: «Abbiamo pensato a un nome così forte per attirare l'attenzione. Volevamo diffondere il più possibile il nostro messaggio  e abbiamo pensato che così facendo ci saremmo riuscite. Ma noi non siamo delle tipe magrissime che se la tirano, né desideriamo diffondere quest'immagine di donna. Non c'è niente di più brutto di una donna bella e stronza.»

Quindi Rory Freedman e Kim Barnouin non vi spingono a diventare zombie scheletriche che vanno avanti a sedano e grissini, ma vi invitano a riflettere sull'alimentazione vegan e sui suoi pregi non solo per la linea e la salute, ma anche per l'ambiente, la società, il benessere degli animali. 
Data questa premessa, forse sarà più facile prendere alla leggera lo stile "colorito" delle due autrici che non hanno proprio peli sulla lingua! Anzi vi farete qualche risata e forse verrete risvegliate dal torpore del consumatore inconsapevole.
Ecco qualche esempio, giusto per farvi capire il tono:
«Non potete continuare a mangiare la stessa merda e diventare magre.» 
«Lo zucchero è come il crack, e le industrie alimentari sanno che se ne aggiungono ai loro prodotti, tornerete per averne altri.»
«Se credete che la dieta Atkins vi farà dimagrire, dovete essere completamente fuori di testa. Oppure siete delle scrofe ingorde che vogliono credere di poter mangiare cheeseburger tutto il giorno e dimagrire.»
«Se ricevessimo un centesimo per ogni volta che un deficiente ci ha chiesto: "Ma allora da dove prendi le proteine?", saremmo più ricche di Bill Gates.»
Capito l'andazzo?
Pare di sentire Jill Cooper urlare: "Brutti ciccioni, palle di lardo che non siete altro!".
Ma io so che voi siete persone dotate di senso dell'umorismo e saprete andare oltre le parole acide per cogliere il vero messaggio di questo libro.
Ovvero... Go veg!
Ok, ok, non pensate ora che io sia una fanatica animalista; sono solo una giovane donzella che sta intraprendendo il cammino del vegetarianesimo ;)
E spero che questo libro vi spinga a iniziare un percorso di maggiore consapevolezza e a capire che nessuno «dà il diritto a noi - esseri umani - di imprigionare, mutilare, massacrare esseri del tutto innocenti e indifesi. Gli animali non sono oggetti, non sono macchine da sfruttare e smembrare, pezzo dopo pezzo. Gli animali sono esseri senzienti, soffrono, sanguinano, muoiono esattamente come noi: ciononostante, la filiera produttiva della carne (mangimifici, allevamenti, impianti di macellazione e distributori) li riduce a cose.
[...] Ma sofferenza e morte degli animali non sono un male necessario, senza sfruttare e uccidere gli animali si può vivere benissimo, anzi: si vive meglio e in migliore salute! Vegetariani e vegan ne sono la prova vivente.»

Infine, due piccole obiezioni.
  1. Rory e Kim sostengono fortemente che un'alimentazione vegetariana vi donerà tanta salute. Assicurato al 100%!
    Secondo me escludere qualsiasi alimento di origine animale può aiutarvi a essere più in salute e a perdere peso (esistono anche vegetariani in sovrappeso, eh!), ma ritenersi al sicuro da malattie è esagerato.
  2. L'insistenza delle autrici sui prodotti biologici è forse un filino eccessiva.
    Dal mio punto di vista il biologico è un'ottima scelta per chi è attento all'ambiente e desidera seguire uno stile di vita consapevole. Certo, solitamente quello che si trova tra gli scaffali del NaturaSì & Co. costa un po' di più di quelli da supermercato. Ma un motivo (anzi, più di uno) c'è!
    Purtroppo esistono i ladri e i truffatori anche in questo settore, come è stato dimostrato qualche mese fa in Veneto (ricordate l'operazione Gatto con gli Stivali?). Bisogna sempre stare all'erta! Quindi ok alle certificazioni, ma cercate sempre di pensare con la vostra testa; non smettete mai di informarvi e documentarvi.
    Oltre al cibo biologico, vi 
    consiglierei di cercare coltivatori e allevatori nel vostro territorio che, pur senza una certificazione bio, lavorano nel rispetto dell'ambiente. Sono certa che anche dalle vostre parti riuscirete a trovare produttori che lavorano con passione e determinazione senza ricorrere a fertilizzanti, insetticidi, diserbanti e schifezzuole varie.

Dettagli
"La dieta Skinny Bitch"
di Rory Freedman e Kim Barnouin
Editore: TEA
Data di pubblicazione: 2008
Pag. 182
Prezzo: 12,00€

giovedì 29 marzo 2012

La vita ridotta all'osso


La vita ridotta all’osso ricorda molto Un anno a impatto zero di Colin Beavan. 

Protagonisti due uomini con un’età compresa tra i 35-40 anni, sposati e con una figlia piccola a carico, residenti in grandi città del mondo occidentalizzato (Londra per Hickman e NY per Beavan). A un certo punto entrambi, punzecchiati dal senso di colpa, vengono colti da una specie di crisi di mezza età: “Quanto incidono le mie scelte di vita e di consumo sull’ambiente? Cosa posso fare concretamente per vivere in maniera ecosostenibile? Che posso fare per sottrarmi al consumismo sfrenato che ormai monopolizza le vite del mondo occidentale?”.
«L'ironia del nostro stile di vita occidentale, naturalmente, non consiste nella beata ignoranza dell'impatto negativo che ha su di noi, sui nostri vicini e sull'ambiente, ma nel fatto che scegliamo di andare avanti nonostante tutto, accecati da una comoda nebbia di inerzia e apatia.» (pg. 6)
Inizia così un progetto lungo un anno in cui le loro abitudini vengono scandagliate, sezionate e soppesate e sostituite con pratiche dall’impatto ridotto.
Vengono coinvolte nel progetto anche le mogli: sia Jane che Michelle sono descritte come delle malate di shopping, riluttanti a rinunciare alle comodità della vita moderna e sempre pronte a storcere il naso di fronte a qualsiasi idea dei loro compagni.
Insomma il ritratto della controparte femminile non è molto lusinghiero, eppure la mia esperienza su questa tematica dica esattamente il contrario: le donne che hanno deciso di dare una svolta green alle loro esistenza sono molto più numerose delle donne rispetto agli uomini (come GreenKika, Paola Maugeri, Kia...).

Mentre Beavan cerca di costruirsi un percorso da solo, affidandosi una tantum a personaggi competenti, Hickman si affida a un manipolo di consulenti che entrano nella sua villa a schiera vittoriana, valutano ogni angolo delle stanze, eseguono un’analisi del ciclo di vita di tutto ciò che si trova in casa ed emettono rigorose sentenze. Nulla sfugge al loro radar anti-eticità: elettrodomestici, scelte d’acquisto, alimentazione, vestiti, cosmetici, vacanze, consumi d’energia e d’acqua, banca d’appoggio, attività per la comunità.

Hickman può contare anche sull’appoggio dei lettori del Guardian, quotidiano inglese per cui lavora, che condividono con il giornalista le loro storie di cambiamento, ma anche le difficoltà incontrate nel tentativo di crearsi un’esistenza più etica.
Quest’ultimo punto è di grande conforto a Hickman che nel libro confessa quanto l’asperità del percorso intrapreso l’abbia più volte portato al limite, a un passo dalWhat the fuck! Who cares!”.
“È che ci sono troppe cose da ricordare: i chilometri, gli imballaggi inutili, la stagionalità, il benessere degli animali, il vegetarianismo, i residui di pesticidi, le buste di plastica sprecate, gli OGM, le multinazionali da evitare.” (pg. 42)
E poi le preoccupazioni per il lombricaio; l’omicidio di un ratto (forse) attratto dalla compostiera; le lotte con i pannolini lavabili (peccato non abbiano affrontato l’argomento assorbenti lavabili e mooncup, ma immagino che la schizzinosa Jane sarebbe rimasta pietrificata di fronte a questa opzione); il senso di colpa per le tonnellate di Co2 emesse con un viaggio in aereo; le difficoltà per una famiglia con bambini piccoli nell’usare i mezzi di trasporto pubblico e l’alto livello di sopportazione necessario per non mandare a quel paese i passeggeri sbuffanti; sentirsi dare dello spacciatore dal farmacista per aver richiesto una grande quantità di bicarbonato di sodio; la crisi di coscienza di fronte a una costata...

Forse Hickman è meno estremista del collega Beavan: non è disposto a rinunciare a tutto per vivere in maniera perfettamente etica e sostenibile (soprattutto quando questo significa mettere in pericolo la vita della figlia) e non può sempre permettersi di spendere mucchi di pounds per mettere in pratica tutti i consigli del suo team di esperti. Tutte le sue paranoie, i suoi dubbi e la sua paura di finire ammazzato dalla moglie (LOL) lo rendono umano e simpatico.

Ma non prendete questa frase come uno sventolio di bandiera bianca. Nossignore!
La sua lezione finale è che “ognuno di noi deve trovare il proprio percorso. Detto così sembra ovvio, ma è il modo di affrontare la vita facendo del proprio meglio. Non c’è un modo migliore o peggiore di arrivarci, purché partiamo tutti insieme.”

Quindi non nascondiamo più dietro scuse false e vuote. Non lasciamo che le buone intenzioni rimangono solo aria fritta! Certo, nessuno dice che agire e cambiare le proprie comode e regolari abitudini sia semplice. Ma abbiamo un solo pianeta ed è messo pure maluccio.
Iniziamo con una semplice azione come dire “No grazie” alla commessa che vuole mettere il nostro piccolo acquisto in un inutile sacchetto di plastica oppure riutilizzare la stessa bottiglia di plastica più volte; vedrete che poi la vostra empatia nei confronti del mondo comincerà a crescere e il resto verrà da sé.
“Credo nel principio di pensare globalmente e agire localmente e non mi aspetto che il mondo cambi dalla notte al giorno. Gli arrabbiati che puntano il dito contro gli altri mi irritano. Non credo nei cambiamenti sociali costosi, difficili o che dipendano dal fatto che gli altri cambino le loro abitudini per adattarsi a te. Preferisco dare l’esempio piuttosto che assillare, anche se significa a volte farsi ridere dietro o sopportare lo scherno del parentame ignorante. Cambiare la mia vita è stato liberatorio e mi ha arricchito. Sono fiera delle mie scelte e delle mie azioni. Sento di avere un significato.” (lettera di Christina Reitano, pg. 114)

Dettagli
"La vita ridotta all'osso"
di Leo Hickman
Editore: Ponte alle grazie
Data di pubblicazione: 2007
Pag. 268
Prezzo: 16,00€

lunedì 5 marzo 2012

Ho sognato la cioccolata per anni


Leggi questo romanzo e ti viene da pensare che c'è stato un errore, questa non è una biografia ma una storia inventata perché Trudi Birger, la protagonista, non può essersela cavata così tante volte.

E invece è una biografia senza ombra di dubbio.
Trudi è davvero rimasta rinchiusa per giorni in una cella frigorifera di una macelleria per sfuggire alla deportazione in Siberia; è riuscita a salvarsi dai pesanti massacri attuati nel ghetto di Kovno; è rimasta chiusa per giorni nei carri ferroviari roventi e privi d'aria, senza niente da mangiare; è riuscita a superare la selezione e a riportare sua madre nella schiera delle non-condannate a morte immediata; ha camminato sul sottile filo della vita nella sua permanenza nel campo di concentramento di Stutthof e, anche quando una gamba infetta sembrava aver segnato il suo destino in modo inesorabile, la buona stella ha continuato a vegliare su di lei.

Insomma questa è la storia reale di una ragazzina di soli 16 anni che è riuscita straordinariamente a sopravvivere alla violenza nazista nonostante un'adolescenza rubata e gli affetti strappati.
Perché Trudi amava la vita più di ogni altra cosa:
"Malgrado le condizioni disumane della vita nel campo di lavoro, malgrado la paura e la degradazione, la sofferenza fisica e la fame, ero ostinatamente attaccata alla vita. Lottavo per tenere alto il morale di mia madre, e non lasciavo mai morire la speranza dentro di me. Anche la rabbia ci dava forza, la rabbia di essere state abbandonate, di essere tagliate fuori dal resto del mondo. Quanto ancora ci sarebbe voluto prima che gli alleati sbaragliassero i nazisti? Eravamo sicure che avrebbero perso la guerra, e ci aggrappavamo alla speranza di poter vedere quel giorno."

Dettagli
"Ho sognato la cioccolata per anni"
di Trudi Birger
Editore: Piemme Pocket
Data di pubblicazione: 1991
Pag. 222
Prezzo: 6,90€

lunedì 16 gennaio 2012

Colazione da Starbucks


Teheran - Tucson: biglietto di sola andata.

O almeno questo è quello che si augura Tami mentre sull'aereo che la porterà negli Stati Uniti d'America si libera del fastidioso chador. È il primo gesto di liberazione compiuto dalla giovane Tami: finalmente le strette catene della repubblica islamica dell'Iran — che per ventisette anni le hanno impedito di esprimere liberamente se stessa — cominciano a spezzarsi.

Ogni giorno passato lontano dall'odiosa patria porta con sé tantissime scoperte che le svelano un mondo nuovo e sconvolgente.
Sconvolgente è vedere bambini e bambine giocare tranquillamente insieme nel parco.
Sconvolgenti sono le ragazze vestite con magliette talmente corte da scoprire l'ombelico.
Sconvolgente è "la disinvoltura con cui uomini e donne se ne stanno seduti insieme a chiacchierare. È un lusso di cui non si rendono neppure conto" (pg. 70).
Sconvolgente è poter scherzare e ridere apertamente per strada con la disinibita Eva, senza essere braccata e incarcerata dai bassidji, la milizia religiosa iraniana. E, soprattutto, flirtare con Ike, il bel cameriere di Starbucks. 

Ma per poter rimanere nella land of opportunities, Tami deve impegnarsi in una ricerca forsennata: nei tre mesi di durata del visto, infatti, deve riuscire a trovare un marito. Sembra un'impresa impossibile in così poco tempo, ma per fortuna può contare sull'appoggio della sorella Maryam e del cognato Ardishir.
Peccato che i potenziali candidati alla mano dell'avvenente protagonista siano uno più fuori di testa dell'altro e nessuno riesce a far scoccare la scintilla nel cuore di Tami.
Così, a pochi giorni dalla scadenza del suo permesso di soggiorno, la nostra protagonista non è ancora riuscita a impalmare un ragazzo e si trova davanti all'agghiacciante realtà: ritornare in quella patria che soffoca lo spirito di ogni suo cittadino e ridiventare "la morte a passeggio" (espressione coniata da Guy de Maupassant per descrivere le donne in chador nel XIX secolo).
Il destino della povera Tami è ormai segnato... a meno che, la sua festa d'addio a Las Vegas, non le (e ci) riservi un inaspettato colpo di scena finale! 
"My country owes me nothing. It gave me, as it gives every boy and girl, a chance. It gave me schooling, independence of action, opportunity for service and honor. In no other land could a boy from a country village, without inheritance or influential."
— 
Herbert Hoover

Dettagli
"Colazione da Starbucks"
di Laura Fitzgerald
Editore: Piemme
Data di pubblicazione: 2007
Pag. 333
Prezzo: 16,90€

mercoledì 4 gennaio 2012

Zero rifiuti



Bisogna far posto a ciò che deve durare a lungo — José Martì

Consigli per il privato cittadino per rendere il mondo — o almeno gli spazi che frequentiamo — un posto più pulito, ma anche per gli amministratori pubblici (al punto che, in certi momenti, fantasticavo di essere il sindaco della mia città e di mettere in atto tutte le dritte della Correggia per far diventare Crema la città più ecologica e riciclona dello stivale!).

Ecco la premessa del libriccino: ok con il riciclo spinto, ma è meglio prevenire i rifiuti dall’inizio della catena. Infatti il sistema attuale “sfocia in troppe cose inutili prodotte, troppe scartate, troppe avanzate, troppi oggetti con una vita corta, troppi senza vero valore d’uso, troppo che non si consuma, troppi imballaggi, troppa obsolescenza”.
Con un’attenta prevezione si possono ottenere numerosi vantaggi: più salute; più legalità; più economia locale e più equità; più rispetto ambientale e sociale; più prevenzione dei rifiuti a monte; più piacere per i cinque sensi; più senso civico e cultura; più risparmio.

Perché non iniziamo noi, semplici individui, ad attuare a casa, in ufficio, in giro le pratiche corrette per ridurre i consumi superflui e gli imballaggi inutili (oltre ovviamente a separare correttamente gli inevitabili rifiuti) invece di aspettare che le direttive piovano dall'alto?
Iniziamo noi ad essere il modello da imitiamo e speriamo che le PA ci seguano a ruota, non limitandosi solo a stendere piani e progetti per la serie "tanto fumo e niente arrosto" ma attuando un comportamento esemplare, promuovendo iniziative di sensibilizzazione sul problema dei rifiuti e occupandosi dell’educazione della cittadinanza.

Non aspettiamo che, come accade troppo spesso in Italia, si arrivi a situazioni d’emergenza ingestibili (Napoli, remember? solo per citare l'esempio più noto alle cronache) per accorgersi delle cose e — forse — far smuovere qualcuno.
Be the change you want to see in the world.
E se volete approfondire l'argomento, ecco dei link utili:

Dettagli
"Zero rifiuti"
di Marinella Correggia
Editore: Altreconomia Edizioni
Data di pubblicazione: 2011
Pag. 102
Prezzo: 5€

giovedì 29 dicembre 2011

Recensione del libro di Make Up Delight


Ieri ho fatto un giro in biblioteca e, tra le novità, ho adocchiato il libro di Giuliana, meglio noto su YouTube con il nickname di Make Up Delight. Lei è una delle star del make up: professionale, precisa, divertente e ironica (per farvi un'idea date un'occhiata alle sue imitazioni di Karina nella sezione Video tragi-comici); la seguo ormai da diverso tempo, sognando di essere in grado almeno una volta nella mia vita di replicare uno dei suoi spettacolari trucchi.

MA.

Se avete già nella vostra biblioteca personale il libro di Clio make-up pubblicato ad agosto 2009, allora evitate il libro di Giuliana e risparmiate quei 17,50€ per un libro più meritevole.  

Stesso editore, stesso formato e struttura molto simile.
Si inizia con una dedica e una breve introduzione.
Vengono poi passati in rassegna i ferri del mestiere: pennelli; accessori vari; le diverse formulazioni di fondotinta, blush, cipria e ombretto; come truccare un viso rotondo, allungato, ovale, squadrato; piccoli consigli sparsi tra le pagine per ottenere un trucco perfetto.
Entrambi i libri si chiudono con la presentazione di trucchi adatti per diverse occasioni (per una serata speciale, per giovanissime, per donne mature, per una sposa, smokey eyes), ma sono molto più utili ed esplicativi i video di queste due guru del make-up.

Insomma i due libri sono quasi interscambiabili, se non fosse per il fatto che la grafica e il testo del libro di Clio sono di qualità decisamente migliore rispetto a quelli di Giuliana. Nel libro di Giuliana, infatti, le foto sono a volte sfuocate e sempre incasellate in quel noioso parallelepipedo con due angoli smussati e gli altri due a 90°.

Cara Giuliana, ti stimo tanto e come make-up artist ti preferisco persino a Clio; ma il tuo libro non mi è proprio piaciuto. Continua con i tuoi fantastici video tutorial perché te la cavi molto meglio.

Dettagli
"Make Up Delight"
di Giuliana Arcarese
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 2011
Pag. 256
Prezzo: 17,50€

lunedì 12 dicembre 2011

La metà di niente



Un libro "mangiato" in una giornata e mezza. Questo vi dà un'idea chiara di quanto mi sia piaciuto La metà di niente, romanzo d'esordio dell'irlandese Catherine Dunne.

Vita, morte e rinascita di una quarantenne (Rose) che, in quella che doveva essere una delle sue solite mattine da casalinga, viene piantata in asso dal marito (quello stronzo di Ben) con queste parole: "Rose. Dobbiamo parlare. Devo andar via per un po'. Penso che abbiamo bisogno di stare ognuno per conto proprio, solo per un periodo. Mi dispiace farlo così, ma è che non sono felice. [...] Non ti amo più."

Crisi esistenziale di mezza età? Noooo!!! Solo la solita storiella di adulterio: Ben, infatti, parte per l'assolata Malaga in compagnia della moglie di un socio d'affari - la bella e sensuale Caroline - e lì le confessa di voler portare alla luce del sole la loro relazione clandestina, lasciandosi alle spalle vent'anni di matrimonio e tre figli.
Ma la sua avventatezza gli costerà caro e gli si rivolterà contro.

E Rose? Dopo i primi giorni in cui le sembrava di essere al cinema e di star assistendo alla proiezione della storia di un'altra persona, la protagonista si risveglia da un torpore durato troppi anni.
Da docile e servile moglie pronta a soddisfare le richieste di un marito ossessionato dagli affari e ad annullarsi per lui e i figli, Rose scopre una forza sconosciuta dentro di sé e trova il coraggio di prendere la sua vita nelle proprie mani.
Inizia così il suo percorso di rinascita, reso possibile anche grazie all'aiuto dei tre figli, delle amiche Jane e Martha, di datori di lavoro fiduciosi nelle sue capacità di cuoca (e anche di qualche bicchiere di buon vino d'annata).

Ed eccola diventare una donna forte, intraprendente e indipendente.
Rose ormai non è più disposta a subire i chiari di luna del marito; non è più disposta a dipendere da qualcun'altro; non è più disposta a non vivere!
 


Addio Rose Holden.
Benvenuta Rose Kelly!

Dettagli
"La metà di niente"
di Catherine Dunne
Editore: Guanda
Data di pubblicazione: 1997
Pag. 292
Prezzo: 16,50€

domenica 11 dicembre 2011

Il sangue dei fiori


Il sangue dei fiori è il romanzo di debutto di Anita Amirrezvani, ispirata a scrivere questa storia da un tappeto persiano regalatole dal padre durante l'adolescenza.

Nel romanzo è raccontata la storia di una tredicenne di un villaggio sperduto nella Persia del 17° secolo e con una grande passione: annodare tappeti.
Purtroppo la sua vita viene sconvolta dal passaggio di una cometa maledetta e maligna che le porterà solo un'ondata di sciagure. La prima è la morte del padre che costringe lei e la madre a trovare riparo presso la ricca famiglia dello zio Gostaham nella lontana città di Isfahān. Qui, tra la magnifica casa dello zio, i minareti della moschee, il Ponte dei 33 archi e l'immensa Piazza del Mondo, la ragazzina diventerà una donna, toccando con una mano le gioie del paradiso e vivendo con l'altra le pene dell'inferno.

Non vi rovinerò la sorpresa: lascio a voi scoprire quali umiliazioni dovrà sopportare (vi basti sapere che sono davvero tante e che avrebbero spezzato anche il più massiccio degli alberi).

Ma alla fine la sua tenacia e la sua passione per i tappeti riusciranno a riscattarla da tutti i dolori sofferti, rendendola una ragazza emancipata e forte, dal valore inestimabile. Il che è straordinario, specialmente in relazione all'ambiente storico e culturale in cui è ambientata la storia.
"Io ero diversa da tutte loro: avevo i miei tappeti e la mia famiglia adottiva a cui pensare. [...] Ero una donna: il mio lavoro costituiva una novità e i miei tappeti andavano a ruba tra le donne dell'harem. Non avrei mai rinunciato al mio mestiere, anche se avessi sposato un uomo ricco come lo scià."
Altre due note che rendono così speciale questo romanzo:
  1. lo stile con cui è scritto: solo in poche altre occasioni mi è capitato di leggere parole così incantevoli
  2. le piccole storie sparse qua e là nel romanzo e che rappresentano delle piccole perle all'interno di quel prezioso gioiello che è Il sangue dei fiori

Dettagli
"Il sangue dei fiori"
di Anita Amirrezvani
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: 2007
Pag. 364
Prezzo: 18€

lunedì 31 ottobre 2011

La sfida delle 100 cose di Dave Bruno


Da qualche anno ho sviluppato un grande interesse verso il movimento minimalista e seguo diversi blog in tema (la maggior parte "made in USA", tra cui spiccano l'ottimo Zen Habits e il più recente Mnmlist di Leo Babauta, ma segnalo anche l'italianissimo Minimo di Laura Dossena). Quindi non mi era sfuggito questo testo di cui si è spesso parlato, prontamente infilato nella lista dei desideri e acquistato finalmente un paio di settimane fa.

La sfida delle 100 cose di Dave Bruno è un testo interessante che propone una sfida stimolante all'umanità (anche se forse manca quell'approfondimento in più che lo avrebbe reso ancora migliore). In cosa consiste questa sfida? Vivere per un anno intero solamente con 100 cose. A leggerla così sembra una vera mission impossible; e invece Dave Bruno c'è riuscito e ha scatenato un forte dibattito a livello internazionale, guadagnandosi inaspettatamente un folto gruppo di sostenitori e innescando una catena di sfide simili.

Io trovo il suo esperimento ammirabile e mi ha spinto sia a fare un po' di pulizia materiale che riflessioni mentali perché, nonostante creda di essere una persona attenta agli sprechi e all'ambiente nonché aspirante minimalista, mi ritrovo con armadietti e scaffali pieni di acquisti compulsivi coperti da una coltre di polvere, segno evidente della loro inutilità.

Che dire, ad esempio, della ventina di ombretti minerali conservati in una scatola a fiori in bagno? Essendo una frana nell'arte del trucco e una ritardataria cronica, mi capita raramente di avere la pazienza e il tempo di abbellirmi gli occhi con i colori sgargianti di questi fantastici ombretti. Mi piacerebbe esserne in grado ma — ahimè — guardare i tutorial di ClioMakeUp e di MakeUpDelight non mi ha reso la nuova guru del trucco di YouTube. Quindi il massimo che mi concedo è una passata di fondotinta minerale, di blush minerale e mascara.
Ma perché ne ho acquistati così tanti? Perché nello shop online si presentavano tutti in modo irresistibile; perché amo i colori forti e vivaci; perché essendo minerali sapevo di non comprare niente di dannoso per la mia pelle; perché sono belli da vedere; perché speravo di diventare brava nel creare trucchi ad opera d'arte come questo e di stupire gli altri con combinazioni fantasiose e colorate.
Questo è successo solo una volta quando sono riuscita a creare un mix perfetto di verde smeraldo e di oro sulle mie palpebre e ho ricevuto i complimenti delle mie amiche. Una volta in un anno dal loro acquisto.

E con quest'ultimo punto tocco una questione importante trattata anche nel libro: il cercare di dare significato all'esistenza attraverso i nostri acquisti. Non vi è mai capitato di pensare qualcosa come "Cavoli, con quel cappotto/quella borsa/quegli orecchini sarei veramente bellissima/sarei molto più professionale/tutti si girerebbero a guardarmi/farei l'invidia di qualsiasi bipede?". Beh, lo confesso: io l'ho pensato. Molte volte. Forse perché soffro di insicurezza cronica? O perché vivo in una società dove l'avere e l'apparire conta più dell'essere? Perché ho bisogno di sentirmi elogiata ed apprezzata? Oppure perché voglio prevalere sugli altri? Perché sento che mi sentirei realizzata con quel "pezzo mancante"?
Magari è per tutto questo messo insieme. Sta di fatto che ci sono dentro anch'io, nonostante la mia vena ecologista e minimalista.

Ora, non pensate che io sia una Becky Bloomwood all'italiana! Vi assicuro che mi faccio degli scrupoli quando devo comprare qualcosa e non acquisto qualsiasi cosa mi piaccia, anche perché non guadagno cifre folli e perché ho ancora un briciolo di buonsenso. Inoltre non amo seguire la moda, non mi piacciono i vestiti in cui campeggiano i nomi delle griffe a caratteri cubitali, ricerco la comodità, la praticità e possibilmente una buona fattura (ad esempio, ho diversi maglioni Benetton comprati alle superiori che mi calzano ancora a pennello e sono ancora perfetti).
Quindi non mi vedrete mai spendere migliaia di euro per una borsa marrone con una L e una V incrociate in Place Vendôme a Parigi né contrattare con un venditore abusivo per la stessa borsa taroccata nelle vie di Milano (nel caso remoto in cui mi vediate far ciò, siete autorizzati a darmi un colpo in testa).

Però ammetto di incappare nell'errore comune di ricercare la felicità negli oggetti e di pensare che sarei una persona migliore e più interessante se entrassi in possesso di un certo oggetto.
Il problema è che non succede mai. Quegli ombretti minerali non mi hanno resa più figa e non sono diventata brava a truccarmi gli occhi.
"Il consumismo stimola in noi l'impulso di acquistare, ma non a conoscere noi stessi. La pubblicità e le tecniche di vendita del centro commerciale puntano a renderci sempre meno consapevoli di chi siamo realmente e sempre più preoccupati di chi non siamo." (pg. 88)
Voglio forse diventare una vuota narcisista? NO!
Quindi il prossimo passo sarà applicare il più possibile il minimalismo alla mia vita, evitare gli acquisti compulsivi e riflettere di più quando mi trovo in un negozio, pronta per un nuovo acquisto.
E poi vorrei anche affrontare qualche sfida, magari quelle proposte da Laura sul suo Minimo.

Mi rendo sempre più conto che desidero davvero slegarmi il più possibile dal vortice del consumismo e oppormi all'imperativo secondo cui per far ripartire questa stagnante economia mondiale sia necessario comprare, comprare e solo comprare (e quindi indebitarsi, aprire finanziamenti e andare in rosso).

Voglio solo vivere una vita più semplice e meno stressante.

Dettagli
"La sfida delle 100 cose"
di Dave Bruno
Editore: Tecniche Nuove
Data di pubblicazione: 2011
Pag. 196
Prezzo: 14,90€

mercoledì 19 ottobre 2011

La ciociara di Alberto Moravia




"Il romanzo è una cronaca della guerra, un libro sugli orrori della guerra", ispirato alla drammatica storia vissuta da Moravia stesso ed Elsa Morante — all'epoca sua compagna — durante la seconda guerra mondiale.

La storia scorre molto bene, tranne nella parte in cui viene raccontato il periodo trascorso da Cesira ("bella dentro e fuori, nella sua schiettezza e aggressività di contadina inurbata") e da Rosetta a Fondi; devo ammettere che è stato difficile da superarla al punto di considerare l'ipotesi di non proseguire con la lettura. Pensandoci a posteriori ipotizzo che Moravia abbia voluto renderla così pesante per esprimere, anche con lo stile, il trascorrere lento di quei 9 mesi trascorsi sui monti laziali, vissuti da lui in prima persona. 9 mesi trascorsi sempre nello stesso modo: temendo nei rastrellamenti dei nazisti, pregando perché le bombe cadessero lontano, lamentandosi della mancanza di cibo fino all'esasperazione, facendo continue supposizioni sull'arrivo degli inglesi salvatori ma che mai sembravano arrivare.

Nel 1944 arriva la tanto anelata liberazione con il suo carico di aspettative e di speranze per un futuro roseo e positivo, anche se da ricostruire.
Purtroppo per Cesira e la sua deliziosa figliola il ritorno alla libertà si tinge con gli oscuri colori della tragedia. Le loro vite, infatti, vengono sconvolte da un sopruso ingiusto: uno stupro ai danni della dolce Rosetta, avvenuto in una chiesa per mano di soldati francesi. Da quel giorno la ragazza si lascia cadere in un degenerante vortice di vizi, dissolutezza e lussuria, trasformandosi in una persona diversa che abbiamo imparato a conoscere attraverso le parole dell'autore. Anche la povera madre non riconosce più quell'angelo di figlia diventato un provocante diavolo corrotto e non sa più cosa fare per riavere la Rosetta di un tempo.

Ma poi, quando la rassegnazione sembra ormai aver preso il sopravvento, ecco che accade qualcosa che cambia il corso della storia e permette a Cesira di buttarsi finalmente gli orrori della guerra alle spalle e tornare a guardare con fiducia al domani.

E a proposito di fiducia nel futuro: anch'io, come Cesira, posso dire di essere ritornata ad averla. Perché? Andate a dare un'occhiata al mio profilo LinkedIn e lo capirete.

venerdì 15 luglio 2011

Il cerchio delle pietre


Come promesso ieri, ecco un mini-commento spoileroso su Il cerchio delle pietre di Diana Gabaldon.

Dopo tanti ostacoli che si erano interposti sul loro cammino, superati solo grazie al loro amore e al desiderio di stare insieme, Claire e Jamie hanno dovuto arrendersi di fronte all'inevitabilità della storia. La battaglia di Culloden si è rivelata più forte di loro.

Ma ora, eccoli, finalmente insieme. Di nuovo.
Certo, 20 anni di separazione non sono mica una quisquilia e posso ben capire l'imbarazzo iniziale, i gesti esitanti, i visi imbarazzati.
Ed è fantastico vedere che, nonostante tutto, sono ancora innamorati, appassionati, presissimi l'uno dall'altro, desiderosi di continuare il loro cammino insieme.

C'è un però.
Laoghaire MacKenzie è diventata Laoghaire Fraser.
Si, avete capito bene. La puttanella (cit.) si è sposata con il nostro rosso preferito. Ok, Jamie l'ha fatto un po' per pietà di questa donna rimasta vedova con tanto di prole e senza un reddito, un po' per soddisfare esigenze maschili represse troppo a lungo.
E concediamogli pure che non l'ha mai amata e che presto il loro matrimonio è naufragato.
Ma con tutte le donne esistenti in Scozia, proprio con Laoghaire doveva convolare a nozze?!
No, Jamie Fraser, non ci siamo proprio!

Ora mi prendo una pausa dalla saga della Straniera.
Altrimenti rischio di farmela venire a noia.

In questi giorni - per la categoria romanzi - sto leggendo Chocolat di Joanne Harris (anche se probabilmente è più famoso il film con Juliette Binoche e Johnny Depp che io non ho ancora visto).
L'ho iniziato giusto ieri e mi è piaciuto fin dalle prime pagine: irresistibile Vianne Rocher (con quel cognome poi... yummy!).

giovedì 9 dicembre 2010

Come la prima volta

Malvasia


Un veloce aggiornamento dicembrino.
Innanzitutto ho messo in atto alcune cosette che vi spiegavo nel post precedente, infatti:
  1. ho fatto il mio primo prestito di 25 dollari su Kiva a favore di Cirila Nina Paucar e le sarà d'aiuto - insieme agli altri prestiti - per comprare prodotti per la cucina del suo ristorante in Perù
  2. ho adottato un coniglio (anzi, una coniglia!) a distanza tramite l'associazione La Collina dei Conigli: si chiama Malvasia, è già madre di due piccoli di nome Noà e Merlot ed ha qualche problema con i dentoni, per cui sono felice di dare il mio piccolo contributo per sistemarla anche sotto questo punto di vista. Era stata abbandonata con i due cuccioli e il compagno da una famiglia sfrattata che si è data rapidamente alla fuga lasciandoli soli in un appartamento.
Il problema è che ora non vorrei più fermarmi e vorrei:
  1. adottare a distanza una cavia sempre tramite l'associazione La Collina dei Conigli
  2. adottare a distanza un asino tramite l'ONLUS Il Rifugio degli Asinelli. Ebbene si, un asino. Mi piacciono molto. Sarà per gli ingiusti aggettivi che solitamente vengono rifilati a questo animale che, in realtà, è simpatico e intelligente. Sarà per i racconti che mio papà mi faceva da piccolina prima di addormentarmi sugli asini (Giulio e Giulietto!) che possedeva suo zio, di come si divertiva da bambino quando lo zio lo faceva salire sul carro per guidare gli asini, di come era attaccato a questi animali. Racconti che mi sono rimasti impressi nella mente e che mi riportano con nostalgia allo spensierato periodo dell'infanzia e all'agognato momento prima delle nanna solitamente trascorso con mio papà.
Oltre alle donazioni, in questi giorni mi sto dedicando completamente alla tesi e sto proseguendo (credo abbastanza bene) con il primo capitolo che devo consegnare martedì prossimo alla prof. Spero di aver scritto cose sensate ;) Incrociate le dita per me!
Ovviamente le mie letture del momento (e dei prossimi momenti, aggiungerei) sono rivolte solo ai social media e agli esami incombenti, ma martedì ho ceduto e sono andata in biblioteca dove ho preso in prestito un romanzo di Nicholas Sparks: Come la prima volta (traduzione discutibile dell'originale The Wedding. Era così difficile scrivere semplicemente Il matrimonio?!).
Devo dire: un altro bel colpo messo a segno da Nicholas Sparks.

Wilson e Jane (figlia di Noah, protagonista del meraviglioso e struggente Le pagine della nostra vita) sono una coppia sulla cinquantina come ce ne sono tante: vivono nella tranquilla North Carolina, sono sposati da molto tempo, hanno tre splendidi figli ormai fuori casa e una vita di coppia un po' spenta.

Ma giungere a questa situazione di paludosa monotonia è normale per qualsiasi coppia dopo trent'anni di matrimonio trascorsi insieme oppure c'è ancora chi, dopo anni di gioie e dolori, è in grado di rinnovare il rapporto con qualche tocco di follia, di passione e di romanticismo?
Wilson si trova di fronte a questo difficile problema, dopo essersi dimenticato del 29° anniversario di matrimonio e aver visto la tristezza e l'amarezza sul volto della moglie. Jane lo amerà ancora oppure ormai l'amore, logorato da una lunga serie di dimenticanze imperdonabili, di feste mancate e di baci non dati, sarà stato sostituito dal semplice affetto?

Wilson teme di essere diventato come una di quelle coppie per cui lui e Jane avevano sempre provato compassione: appena sedutisi al tavolo del ristorante per cena, "tra i due cala il silenzio e li vedi sorseggiare il vino guardando fuori dalla finestra, in attesa delle portate. Quando poi queste arrivano, a volte i due si rivolgono brevemente al cameriere, ma tornano subito a rifugiarsi nei loro mondi. E per tutta la cena restano lì come un paio di perfetti sconosciuti ai quali è capitato di sedersi allo stesso tavolo, quasi che il godimento della reciproca compagnia non valesse le sforzo di parlare".

C'è qualcosa che Wilson può fare per invertire la rotta e recuperare la complicità e la passione di un tempo? Sicuramente si e da timido orso calcolatore qual'era, Wilson riuscirà a recuperare il rapporto con la sua amata Jane e a stupirla lasciandola senza fiato con un finale veramente col botto, su cui versare tante lacrime e riporre i nostri sogni romantici.

Malvasia

A quick update.
First of all I have to tell you that I've accomplished some things described in the previous post:
  1. I made my first loan on Kiva in aid of Cirila Nina Paucar for the kitchen of her restaurant in Perù
  2. I adopted at distance a rabbit through the Italian association La Collina dei Conigli: her name is Malvasia, she's the mother of Noà and Merlot and she has some problems with her teeth
The problem is that I'd like also to adopt at distance:
  1. a guinea pig always throught the association La Collina dei Conigli
  2. a donkey through the association Il Rifugio degli Asinelli
Besides that, I'm focusing completely on my thesis and next Tuesday I'm going to give the first chapter to my thesis director. Cross your fingers for me!
So, in this period, I'm just reading books about social media and for the next exams, but last week I gave in to the temptation of reading a novel so I went to the local library where I borrowed The Wedding by Nicholas Sparks, which I liked it a lot.

Wilson e Jane (the daughter of Noah, the main character of the wonderful The Notebook) are a couple about fifty like many others: they live in the peaceful North Carolina, they have been married since a long time, they have three amazing children who live outside home and a dull conjugal life.

After he has forgotten their 29° wedding anniversary, Wilson wonders if it's a normal thing for every couple in this world to become monotonous partners after almost 30 years spent together or if there's a way to relight a tired relationship. Maybe all his mistakes, his forgetfulness and his obsession with his job have destroyed his marriage and he has become a huge disappointment for Jane. Maybe she doesn't love him anymore.

He fears they have become like one of those couples that you can often see at the restaurant: "The husband might pull out a chair or collect the jackets, the wife might suggest one of the specials. And when the waiter comes, they may punctuate each other's orders with the knowledge that has been gained over a lifetime-no salt on the eggs or extra butter on the toast, for instance.
But then, once the order is placed, not a word passes between them.
Instead, they sip their drinks and glance out the window, waiting silently for their food to arrive. Once it does, they might speak to the waiter for a moment - to request a refill of coffee, for instance - but they quickly retreat to their own worlds as soon as he departs. And throughout the meal, they will sit like strangers who happen to be sharing the same table, as if they believed that the enjoyment of each other's company was more effort than it was worth. Perhaps this is an exaggeration on my part of what their lives are really like, but I've occasionally wondered what brought these couples to this point."

Is there anything that Wilson can do to change the situation and improve the relationship with her beloved Jane? Of course there's something he can do: he will be a shy clumsy person no more and will leave her wife breathless.
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