lunedì 30 settembre 2013

Alla fine di un lungo inverno


Fino a poco tempo fa liquidavo l’anoressia come una fissazione per la perfetta forma fisica portata alle estreme conseguenze, probabilmente influenzata dall’imperativo moderno della magrezza delle donne.
Certo, i modelli estetici attuali non sono senza macchia: ogni giorno ci vengono sbattute in faccia le immagini di modelle scheletriche, di showgirl con culi e tette perfette (anche se magari sono il frutto della mano di un chirurgo) e di modelli statuari. La pressione dei media non è indifferente e persino la donna più forte del mondo difficilmente riesce a sottrarsi a paragoni mortificanti.

Il libro di Emma Woolf ha il merito di avermi aperto gli occhi su un problema che, in realtà, è molto più complesso e che non può essere ridotto così superficialmente:
“Allora di cosa si tratta? Davvero, non lo so… È una dipendenza e una compulsione, un disturbo mentale e un espediente, la migliore amica e la peggior nemica, una lotta fra corpo e anima. L’anoressia è una malattia che prende vita propria e si nutre di se stessa fino a far morire di fame chi ne soffre. È una voce interiore che non tace mai, mai.” (pg. 11)
Quindi ridurre l’anoressia a una stupida ossessione per la magrezza è inappropriato; si tratta invece di una malattia mentale dalle mie sfaccettature, difficile da comprendere se non si è mai sofferto di disturbi alimentari.
Infatti, anche dopo questa lettura, ammetto che alcuni aspetti dell’anoressia mi rimangono difficili da cogliere. Non riesco a capire perché una persona debba privarsi del piacere del cibo e pensare che “Ogni boccone era una maledetta agonia. Ogni volta che pensavo a nutrirmi mi sentivo ingorda e avevo la sensazione di non meritarlo. Era un inferno.”. Non riesco a capire come sia possibile ridursi al punto di non trovare conforto nel riposo notturno perché le ossa non hanno alcuna protezione ad attutire il contatto con il materasso. Non riesco a capire come si possa trovare sollievo nella fame e come il vuoto nel corpo possa aiutare a sentirsi vigili e concentrati (se il mio stomaco incomincia a gorgogliare, io non trovo pace finché non metto qualcosa sotto i denti!).

Con questo libro, Emma Woolf cerca di farci entrare nel complesso mondo di un’anoressica, mettendosi a nudo pubblicamente e condividendo la sua lotta contro questo mostro.
Arrivata a 32 anni e malata dai 19, la pronipote della famosa Virginia Woolf decide di darci un taglio:
“Forse è semplice: sono stufa dell’anoressia. È spossante combattere contro se stessi ogni minuto del giorno, ogni giorno. Sono stanca di combattere questa battaglia solitaria contro me stessa. Voglio andare avanti con la mia vita, voglio avere un figlio. Sono stufa della trappola dell’anoressia.” (pg. 8)
Il desiderio di diventare madre è il fattore scatenante per Emma: se continuerà sulla strada dell’anoressia, il suo ventre non potrà mai ospitare un’altra vita e, di conseguenza, anche la sua relazione con il fidanzato Tom rischia di sgretolarsi.
Nonostante l’obiettivo importante, il percorso è tortuoso: l’anoressia è tosta e bastarda, e i suoi lunghi tentacoli riescono a trascinarti sul fondo non appena fai un piccolo passo in avanti.
Alla fine Emma riuscirà a dire addio alla sua “migliore amica” e “peggior nemica”?

Stelline: 4

Dettagli
"Alla fine di un lungo inverno - Come l'amore mi ha liberata dalla prigione dell'anoressia"
di Emma Woolf
Editore: TEA
Data di pubblicazione: 2013
Pg. 249
Prezzo: 14,00€

martedì 9 luglio 2013

Adesso basta


Ho incontrato Simone Perotti per la prima volta in TV: la pubblicità della sua trasmissione, Un’altra vita, suscitò subito il mio interesse perché trattava temi a me cari come la decrescita e il minimalismo. E in effetti le puntate trasmesse su RAI5 mi erano piaciute molto, con i racconti di persone che vivono in modo non convenzionale.

Ho così iniziato a interessarmi al personaggio di Simone Perotti, scoprendo alcuni punti in comune: anche lui, come me, lavorava nel campo della comunicazione (con il piccolo particolare che lui stava ai vertici, mentre io sono l’ultima ruota del carro).
Anche lui, stanco di una vita fatta di molta apparenza e poca sostanza, ha deciso di voltare pagina (la sottoscritta, invece, è ancora inchiodata alla scrivania e, per il momento, si limita a fantasticare una vita diversa).

Adesso basta doveva rappresentare un ulteriore passo verso Perotti... ma che delusione!

Nulla da obiettare sui ragionamenti e le divagazioni della prima parte del libro; anzi, mi sono spesso ritrovata ad annuire come una forsennata leggendo le sue parole.
Credo che la maggior parte delle persone concorderà nel dire che “Con la salute, con la pace, col benessere, è sopraggiunta anche l'alienazione, l'omologazione (e adesso anche l'insicurezza), e sembra che non vi sia alternativa a una vita spesa a lavorare, produrre, indebitarsi, consumare, ripetere gesti privi di senso, per troppo tempo, per una vita intera”.
Molto probabilmente molti di voi avranno una sensazione di déjà vu nel leggere la routine di una tipica giornata di lavoro: ore passate imbottigliati nel traffico, imprecando contro il furbetto di turno che ti taglia la strada o quello addormentato che non parte a razzo non appena scatta il verde del semaforo; poi 10 o 12 ore di lavoro (perché se ti “limiti” alle canoniche 8 ore sei uno scansafatiche); e infine di nuovo nel casino della via del ritorno “per chiudere la giornata tardi, ansimante, privo d’ogni residua energia, un giorno ancora, come ieri, per ricominciare domani, e ancora, ancora, forse per sempre”.
Angosciante, no?!

Quindi procedi con la lettura per capire qual è la ricetta di Perotti; chiudi un occhio (anzi, tutti e due) quando tra le righe emerge un fare spocchioso e irritante perché intanto, prima o poi, verrà svelata la via verso la libertà.

Ma poi leggi i suoi esempi pratici di cambiamento di vita e ti cascano le palle perché vengono prese in considerazione solo persone che guadagnano 3.500€ al mese oppure 5.500€.
Le palle ti si staccano completamente quando leggi che, secondo Perotti, persone con queste entrate sono “abbastanza comuni, con due buoni stipendi ma non certo ricchi”.
E allora la sensazione di déjà vu si trasforma in sensazione di presa per il cul.

Ah, e se invece sei un morto di fame che guadagna 1.000€, prega che la nonna schiatti presto in modo che ti lasci in eredità la sua casa oppure punta ancora più in alto e spera che i tuoi genitori abbiamo dimenticato i tuoi fratelli nel testamento. A quel punto, decresci pure.

Cari redattori di Chiare Lettere, vi pregherei di mettere una noticina in copertina in modo da evitare altre incazzature:
Adesso basta - Filosofia e strategia di chi ce l’ha fatta*
*grazie a uno stipendio da manager. Astenersi poracci.

Stelline: 2

Dettagli
"Adesso basta - Lasciare il lavoro e cambiare vita: filosofia e strategia di chi ce l'ha fatta"
di Simone Perotti
Editore: Chiarelettere
Data di pubblicazione: 2009
Pg. 208
Prezzo: 14,00€

giovedì 21 marzo 2013

Mi fido di te... ma anche no!


Sarà che, da quando ho finito di leggere questa storia, ho una strana sensazione di nausea, sto persino limitando gli acquisti di alimenti fuori casa perché temo che dietro quella panettiera o in quel supermercato si nasconda un Gigi Vianello

Come se non bastasse, appena chiuso il libro, ho cominciato a vedere spuntare una miriade di casi legati alla sofisticazione alimentare: carne equina in ravioli e tortellini Buitoni; batteri fecali nelle torte IKEA; croissant in cattivo stato di conservazione, insudiciati e coperti da escrementi di topo di un'industria dolciaria di Benevento; salsicce ripiene di salmonella vendute in una macelleria di Quinto Vicentino.
Insomma, tanta merda (oppure il signor Vianello la classificherebbe persino come merdaccia?!).

E allora il pollo farcito di cloranfenicolo di produzione cinese (un antibiotico che salvaguarda il pollaio dalle malattie ma che è cancerogeno per l'uomo) e l'aroma di idrocarburo spacciato come tartufo bianco raccontati in "Mi fido di te" non sono solo fantasie; e di Gigi Vianello è pieno lo stivale.
“Il cibo industrializzato punta a sostituire gli alimenti freschi, ricchi di sostanze nutrienti vitali come vitamine, minerali e acidi grassi, con grandi quantità di grassi idrogenati, zuccheri e sali. E sai perché? [...] Per guadagnare montagne di quattrini. Lo sai quanto spendono ogni anno le grandi industrie in additivi chimici per cambiare colore, consistenza, sapore e durata ai loro prodotti? [...] Oltre 20 miliardi di dollari. La qualità del cibo generalmente è scadente, altrimenti non si guadagna”.  
Ma di cosa mi stupisco, poi?
Come se non sapessi già da prima che siamo circondati da persone arroganti, indifferenti, senza scrupoli e senza coscienza.
Individui che riescono sempre a cavarsela, in qualsiasi situazione, grazie alla loro parlantina fluente, alla battuta nel momento giusto e alla loro grande abilità nel fottere il prossimo.

Personaggi che si meritano di essere conciati per le feste, no? Un po' come accade al nostro Gigi Vianello. 
Anche se, ad essere sincera, speravo per lui una fine ben peggiore.

Stelline: 4

Dettagli
"Mi fido di te"
di Francesco Abate e Massimo Carlotto
Editore: Einaudi
Data di pubblicazione: 2007
Pg. 175
Prezzo: 14,00€
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