martedì 19 agosto 2008

È una vita che ti aspetto

Ho appena finito di vedere Sotto il sole della Toscana, film di Audrey Wells del 2004.
Speravo sinceramente di vedere più riprese dei fantastici paesaggi collinari che la Toscana sa regalare e di cui mi sono innamorata anni fa grazie a Io ballo da sola di Bertolucci.
Purtroppo non è andata così: solo qualche breve scorcio del Duomo di Firenze, qualche paesello dell'interno toscano, Roma e Positano. Speravo in qualche cosa di più, anche in vista del mio prossimo viaggio in Toscana. Già, perché la settimana prossima parto per la provincia di Arezzo dove soggiornerò in un isolato agriturismo vegetariano, immerso tra le colline e la natura. *_*
Interessante però la ricostruzione e la sistemazione dell'antica villa Bramasole che da cadente rovina si trasforma in un'accogliente e rustica dimora di campagna. Anche se la cascina di Gaiole in Chianti (Siena) dei coniugi Grayson che ospita una folta schiera di artisti ed esteti, tra cui Lucy Armon, rimane impareggiabile.
Certo i luoghi comuni e le solite banalità sull'Italia e i suoi abitanti non possono ovviamente mancare in questo Under the Tuscan sun; tuttavia la storia di Frances riesce a comunicare qualche messaggio importante sulla vita, regalandomi un po' di speranza e gioia.

Ora passo invece al libro che ho finito di leggere stasera, prima dell'inizio del film.


È una vita che ti aspetto di Fabio Volo

"Quella sera era un axolotl che aveva deciso di uscire dall'acqua e di iniziare la metamorfosi... iniziare a crescere. [...] quella sera nell'aria c'era una consapevolezza nuova. Una sensazione diversa. C'era davvero una presa di coscienza. Quella sera respiravo profondamente i miei pensieri e le mie emozioni." (pg. 47-48)
Questa metafora mi ha colpito tantissimo e mi piace: originale, stramba, ma va dritta al sodo. Certo prima di afferrarla, bisogna informarsi per scoprire cosa sia un axolotl. Vi risparmio la fatica della ricerca sul dizionario o su Internet: si tratta di un anfibio a rischio estinzione che, oltre ad essere in grado di rigenerare parti del proprio corpo, riesce anche a decidere se diventare adulto o rimanere girino.
Il bizzarro paragone rispecchia fedelmente il mio stato d'animo.
Come Francesco, anch'io, di recente, ho staccato la spina dal mondo per riflettere su me stessa e capire perché, in alcuni momenti della mia vita, non mi sentivo felice ed ero presa da struggenti dubbi ed ansie. "Era arrivato veramente il momento di analizzarsi un po'. [...] di ascoltarsi, di porgere l'orecchio a quella voce. Di farsi delle domande, di provare a trovare delle risposte. <<È finito il tempo di aspettare Godot>> mi aveva anche detto. Dovevo in qualche modo agire. Agire sulla mia vita." (pg. 30).

Francesco, all'età di trent'anni, si rende conto di essere sfuggito fino a quel momento alla vita, di essersi concentrato troppo sul male, sul peggio, non assaporando pienamente i momenti felici e consumando tutto di fretta. Stanco di questo suo modo di esistere, decide di frenare e prendere del tempo solo per se stesso. "Affrontavo le mie paure, i miei dubbi, le mie ansie. Entravo nella grotta dove c'erano i miei mostri, i miei fantasmi e li sfidavo. Cominciavo a conoscermi e a capire molte cose." (pg. 82).
Cavoli, leggere queste parole mi ha fatto rimanere di sasso: ritraggono alla perfezione quanto ho fatto io dalla fine di questa primavera. Non avrei potuto trovare parole migliori per esternare questo percorso così personale e interiore che ho intrapreso. Queste sono efficacissime e calzano a pennello, anche se la ricerca di me stessa mirava a capire chi fossi veramente e cosa desiderassi nella vita. Ma pur sempre di ricerca di se stessi si tratta!

Una volta scovato il malessere che in parte dipendeva da lui stesso, Francesco ha smesso di lamentarsi per passare all'azione e apportare dei cambiamenti nella sua vita.
E ancora una volta, lasciatemelo dire, mi sono immedesimata molto con il protagonista: anch'io mi sono resa conto che dovevo agire e così ho fatto. Basta rimandare o sperare che tutto si risolvesse da sé, come avevo fatto erroneamente in passato. No. Ho affrontato la questione di petto (non senza dolore e sofferenza), ma questo mi è sicuramente servito perché finalmente ho capito chi sono, cosa voglio e in che direzione voglio andare. Come lui, volevo gridare al mondo le cose che avevo scoperto di me. Ma forse non esistono parole sufficienti a dare un'idea di questa consapevolezza: "Sono cose che puoi capire solo vivendole".
Posso solo dire che, anche per me, l'incontro decisivo con me stessa mi ha veramente cambiato, guarendomi dalle mie ansie e dalle mie paure. Il mio errore sicuramente è stato di aver rimandato questo incontro, di aver sperato che tutto si risolvesse da sé o che sparisse magicamente come in una bolla di sapone. Lo ammetto: ho sbagliato, mi è mancato il coraggio di fare il passo. Per questo ho dovuto staccare, per capirmi e stare finalmente bene con me stessa.
Spero che lui possa capirlo e comprendere che sono appunto cose che si possono realizzare solo vivendole insieme.

Interessante, poi, il passo in cui Volo sottolinea come, spesso, ci si trova nella condizione di sperare che il tempo passi velocemente per l'arrivo di qualcos'altro: dei diciott'anni per diventare maggiorenni ed indipendenti; del weekend per spezzare la settimana lavorativa; delle vacanze per andarsene dalla città... E invece come si cade in errore comportandosi così! "Mentre se fossi stato una persona sana, avrei dovuto vivere sperando che il tempo passasse lentamente e mi facesse invecchiare il più tardi possibile. Quanto è assurdo tutto ciò? Come si può pensare a una cosa così tremenda?" (pg. 116).

In conclusione: sicuramente Fabio Volo non è il nuovo Pirandello italiano.
Però questo libro scorre piacevolmente, mi ha regalato spunti di riflessione interessanti e anche pagine divertenti e ilari. Come quando Francesco sta facendo sesso con Giada e, sul più bello, il cane di lei va a leccargli la pianta del piede, facendolo spaventare, ammosciandolo e facendo sbattere la testa della ragazza contro la parete.
Oppure divertente questo passo a pagina 30: "E' finito il tempo di aspettare Godot, mi aveva anche detto. [...] Ma quale era la prima cosa da fare? Il primo passo? E poi, chi cazzo è 'sto Godot? Boh!". :)

Inoltre i numerosi punti d'incontro e di immedesimazione tra me e Francesco (e qui vi cito una frase tratta da "Una vita da lettore" di N. Horby: "Tutti sappiamo che probabilmente le circostanze in cui si legge sono importanti quanto il libro stesso") mi portano ad affermare che si, "È una vita che ti aspetto" mi piace molto, è stato letto in una situazione particolare e, per tutto questo, si merita 3 stelline di tutto rispetto.

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